giovedì 28 maggio 2009

Il clima mite della Toscana.

Ormai l'attentato incendiario alla sede del PDL non fa più notizia.
Lo spettacolo deve continuare e quindi su quello spiacevole episodio è stato calato il sipario.
Sorprende la totale mancanza di sensibilità della cosiddetta sinistra moderata che, di fronte ad un episodio tanto spiacevole, ha tenuto la consueta linea di basso profilo, evidentemente per non crearsi un ulteriore problema con i suoi elettori.
Personalmente, tuttavia, sono anche sorpreso dal fatto che questo clima regni proprio in una delle Città simbolo di una Regione che predica la tolleranza e che vorrebbe estendere la solidarietà anche a chi non la meriterebbe.
Qui è chiaro il mio riferimento al tentativo dei sapienti amministratori della Regione Toscana che stanno facendo di tutto per concedere privilegi non dovuti anche ai clandestini.

Francesco.


martedì 26 maggio 2009

Livorno e la tolleranza

Una leggenda metropolitana si aggira in città. Livorno è la città della tolleranza, del rispetto, della convivenza pacifica; multietnica e multirazziale a Livorno per secoli tutti sono vissuti d’amore e d’accordo. Niente di più falso. Livorno è stata popolata dal Granduca secondo un criterio funzionale al progetto di sviluppo dei traffici e dell’economia, con un controllo ferreo dell’ordine pubblico da parte del regnante al fine di evitare tensioni e disordini che si presentassero (e si presentarono spesso e inevitabilmente) fra le varie comunità, sia per problemi religiosi che economici e sociali.
Ma alla sinistra di casa nostra ha fatto e fa comodo ignorare la realtà storica e ammantare tutto in una melassa buonista che non dando conto della realtà impedisce anche di assumere comportamento capaci di gestire la convivenza fra i vari gruppi sociali, intra e extracomunitari, religiosi etc..
Chi ha assistito allo scontro fra il candidato Taradash e il sindaco uscente Cosimi si è fatto un’idea precisa del clima avvelenato, dell’intolleranza e della visceralità di certi comportamenti degli elettori della sinistra. Il Tirreno ha opportunamente parlato di clima da stadio. E che cosa dice, in modo ineffabile il dott. Cosimi? Che”nel dibattito di alcuni giorni fa non sono state rispettate le regole della democrazia”. “L’atteggiamento del pubblico era in parte in disaccordo con Taradash e in parte in disaccordo con me. Poi ex post c’è qualcuno che l’ha raccontata diversamente”
Ma dove era il dott. Cosimi? Sicuramente da un’altra parte e non alla Stazione marittima, dove tutti hanno potuto assistere ad una gazzarra ignobile, con chiari intenti di intimidazione, durante la quale è stato praticamente impedito allo sfidante di esprimersi in tutta tranquillità. Era già successo cinque anni fa al sottoscritto, e successivamente in decine di altre manifestazioni, non ultima quella delle elezioni dello scorso anno quando insieme a Giuliano Ferrara e Gaetano Quagliariello fui costretto a passare, per giungere alla sala di don Medori, in mezzo ad una folla inferocita che lanciava prezzemolo e urlava parole offensive; o quando solo la presenza delle forze di polizia permisero lo svolgimento della presentazione del libro “Gli orfani di Salò” del giornalista Antonio Carioti, antifascista, presentato dal Prof. Paolo Pezzino, storico di sinistra.
Per non dire del mio amico Giampaolo Pansa che rifiuta di venire a Livorno a presentare i suoi libri per una brutta esperienza di molti anni fa.
Questa purtroppo è la fama che Livorno si è conquistata: terra off-limits dove chi la conosce la evita.
“Livorno – dice Cosimi – non merita questa fama. Questa è una città aperta e tollerante dove lo scontro politico è acceso ma non trascende in violenza”. Negare la realtà, mistificarla è stato uno dei metodi classici del comunismo sovietico. Mi sembra che il dott. Cosimi sia rimasto legato a quella esperienza e a quel metodo. Non credo che si possa andare molto lontano, se non si parte dai comportamenti reali per cercare di modificarli. Ecco perché ho parlato di lacrime di coccodrillo.
Come responsabile della sede elettorale che ha subito l’attentato ho ricevuto moltissimi attestati di solidarietà che ho gradito. Da parte del dott. Cosimi, per accettare la sua solidarietà, non pretendo, ma gradirei, maggiore sincerità e ricerca della verità dei fatti.

Guido Guastalla
Candidato lista Taradash

Il messaggio con le molotov: A Livorno il PDL non ci deve stare

E poi dicono che il clima elettorale non è già abbastanza rovente. Qualcuno spieghi allora cos'è successo nella notte tra sabato e domenica a Livorno, uno dei feudi rossi - secondo molti osservatori - in odore di passaggio di consegne. Due bottiglie incendiarie sono state lanciate da ignoti contro un comitato elettorale del Popolo della Libertà. È accaduto intorno alle 5 del mattino, in piazza Damiano Chiesa. Uno striscione ha preso fuoco, bruciati gli infissi di una finestra e parte della facciata dell'immobile che, al primo piano, ospita la sede del Pdl. Oltre al gesto in sé, a far paura sono le intimidazioni. Sulla vetrina di una concessionaria al piano terra del palazzo, con vernice spray rossa, è stato scritto: «Il Popolo della libertà a Livorno non ci deve stare». Messaggio forte e chiaro.
Le indagini sull'attentato sono seguite in queste ore dalla Digos. Gli investigatori stanno sentendo alcuni testimoni per raccogliere elementi utili per risalire ai responsabili. Secondo le prime indiscrezioni, appena dopo il lancio delle molotov, sarebbero stati viste fuggire a piedi due persone - pare - due giovani. Un caso, comunque, non isolato. Sempre a Livorno, ieri, ignoti avevano bucato con un punteruolo le gomme dell'auto del coordinatore provinciale del Pdl, Maurizio Zingoni, parcheggiata davanti all'hotel Palazzo dove si svolgeva un appuntamento elettorale a cui ha presenziato il ministro Gianfranco Rotondi. E Guido Guastalla, che si presenta nelle liste Pdl al Comune, aveva già subito un danneggiamento del proprio comitato alle scorse elezioni amministrative, quando si era candidato a sindaco con una lista civica: nella notte tra il 5 e il 6 giugno 2004, infatti, furono rotte le vetrine della sede. Quella stessa notte teppisti devastarono il comitato elettorale di Livorno di Altero Matteoli.
Proprio per il ministro delle Infrastrutture ed esponente locale del partito di maggioranza le bombe «contro la sede del comitato elettorale di Costanza Vaccaro, candidata del Pdl alla presidenza della Provincia di Livorno, mettono in evidenza ancora una volta quanto siano misconosciuti da alcune frange estremiste presenti in città la democrazia e il rispetto per le istituzioni».
«Eravamo abituati alle aggressioni ai gazebo e agli insulti, ma l'attentato di questa notte alla sede elettorale di Guido Guastalla rappresenta un preoccupante salto di qualità dell'offensiva antidemocratica», gli fa eco il deputato e coordinatore regionale del Pdl Massimo Parisi. Lo stesso candidato sindaco del centrodestra, Marco Taradash, comunque tiene a sottolineare che «non siamo intimoriti, ma infastiditi. Per colpa di questi fatti la discussione elude i temi concreti sui quali noi vogliamo il confronto». E rilancia suggerendo un parallelo: «L'escalation deve finire: solo Ahmadinejad a Teheran fa così, in nessun'altra città italiana succedono queste cose».
Una presa di coscienza che interessa anche il segretario regionale del partito democratico, Andrea Manciulli: «Sono molto preoccupato. Il ripetersi di atti violenti contro chi si impegna in politica, in tutti gli schieramenti, sta assumendo dei connotati allarmanti. Perciò esprimo la solidarietà di tutto il Pd della Toscana al Pdl di Livorno e al candidato Marco Taradash». Posizione supportata in una nota dal vicepresidente del Senato, Vannino Chiti. «La campagna elettorale deve svolgersi in modo partecipato e sereno». Ma il veleno è nella coda, che conserva il tono della propaganda: «La democrazia ha tanti e possenti nemici in Italia, non dobbiamo sottovalutarlo e occorre non lasciare varchi. Le forze a sostegno della democrazia sono più grandi: scendano in campo con la vigilanza e, il 6 e 7 giugno, con una massiccia partecipazione al voto». Lo spot, in questa circostanza almeno, poteva essere evitato

Il Giornale


La mentalità totalitaria degli estremisti di sinistra, che negano a coloro che non al pensano come loro, qualsiasi dignità di persona e i diritti, emerge periodicamente.La cosiddetta sinistra moderata ha però il compito di prendere una posizione chiara, non limitandosi solo a condannare i singoli atti di violenza.
Anche la sinistra che rispetta le regole democratiche deve chiramente rinnegare la concezione della superiorità antropologica, di coloro che votano a sinistra rispetto a chi vota centrodestra.
Nel contempo dovrebbero, finalmente, condannare senza distinguo e giustificazionismo gli atti di terrorismo degli anni 70,fonte d'ispirazione di questi.
Alessandro

La casta di Livorno e il porto

Livorno è il luogo del tempo che non passa; dopo cinque anni dal giugno 2004, nel maggio 2009, cinque anni dopo, alla stazione marittima è andato in scena lo stesso copione. Cinque anni fa il sottoscritto cercò di mettere in discussione il fronte del porto livornese costituito dalla Compagnia lavoratori portuali, dalla amministrazione comunale, dalla Port Autority, con l’appoggio delle cooperative rosse (coop Italia, porta a mare, attività immobiliare e chi più ne ha più ne metta). Su questi temi cruciali per il presente e soprattutto il futuro di Livorno mi sono battuto in campagna elettorale e per i cinque anni del mio mandato in consiglio comunale e continuo a battermi oggi; Marco Taradash oggi li riprende con la felice definizione, del triangolo delle Bermuda. Non si tratta di temi ideali, politici o ideologici in senso alto. Si tratta di affari, senz’altro legittimi (anche perché la minaccia oggi è, per costringere all’autocensura l’avversario, il ricorso alla magistratura), ma che, in regime di monopolio, senza contropoteri forti rischiano di creare situazioni di asfissia della libera concorrenza impedendo una presenza sul mercato di tutti gli imprenditori che legittimamente pensano di poter offrire i loro servizi.
Il Tirreno ha riportato oggi, con molta obbiettività, ciò che è successo. Era apparentemente un tifo da stadio, in realtà era la difesa rabbiosa di interessi che non sono affatto popolari, ma di casta, per i quali si mobilita il patriottismo politico di un popolo che in buona fede crede ancora ai miti solidaristici e redistributivi del socialismo.
In questa realtà, che mi ricorda il famoso film di Elia Kazan con Marlon Brando, “Il fronte del porto”, non è permesso che un anello si rompa. O tutto si tiene o tutto si perde. Il controllo delle banchine, la loro utilizzazione, il concederle o meno agli altri, comunque con lucrosissime rendite di posizione, il rapporto inestricabile fra Port Autority e Compagnia per convincere e costringere i privati a più miti consigli, si salda con il controllo delle aree edificabili, la loro destinazione d’uso, i piani regolatori, le grandi cooperative che non stanno certamente a guardare.
La crisi gravissima in cui ci siamo venuti a trovare, può rappresentare una opportunità per liberalizzare il mercato, ma anche un rischio ulteriore per rafforzare il mondo delle rendite e del monopolio. Tutto didpnederà dalla possibilità di rompere un monopolio politico che attanaglia la città di Livorno sin dalla Liberazione.
Un caso per tutti: la crisi in cui si trova la Unicoop di Lucarelli; una società di servizi, di lavoratori, debole rispetto al colosso CLP, un David nei confronti di un Golia, che lotta disperatamente per la sua sopravvivenza. La dirigenza è disposta ad accettare sacrifici, ridimensionare l’organico, mandare in pensione chi ha già maturato i diritti, integrare l’assegno di quiescenza, proporre un piano di impresa credibile e realistico.
Purtroppo però il lavoro sul porto segue altre logiche, che spesso costringono anche l’utenza a scelte non di convenienza economica ma di opportunità per così dire “politica”. Il Ministero dei trasporti e delle Infrastrutture ha dato una mano a questa copperativa. Ma il sistema Livorno si è subito ripreso il suo e non è disposto a concedere spazi ulteriori di sopravvivenza
Quando la concorrenza sparirà penso che non si sarà fatto il bene del nostro porto, ma si sarà rafforzato un monopoli, che, come avviene nella logica dei monopoli distrugge ricchezza anziché crearla.
Per concludere: cambiare si può; bisogna, abbandonando un atteggiamento ideologico, e un voto di appartenenza aprirsi al nuovo. Capisco che non è facile, che ideali, sentimenti, memorie impediscono spesso il grande salto. Ma quando la casa brucia bisogna pensare comunque a salvarsi.
E’ questo l’augurio e la speranza per le prossime elezioni amministrative

Guido Guastalla
Candidato lista Taradash

venerdì 15 maggio 2009


Mi ha colpito profondamente il discorso che il nostro Presidente della Repubblica ha fatto in occasione della celebrazione del Giorno della Memoria dedicato alle Vittime del Terrorismo.

In particolare bisogna dare atto alla Prima Carica dello Stato di aver preso una chiara e coraggiosa posizione su un tema che, per molti anni, è stato usato in modo infame da alcune forze politiche per catturare il consenso delle masse.

Sto parlando della questione dell’esistenza o meno del cosiddetto “Doppio Stato”.

Le parole del nostro Presidente su questa questione non lasciano spazio al dubbio.

Cito una frase che il Presidente ha pronunciato in un più ampio discorso in cui stava affrontando le spinose questioni dei troppi episodi di sangue che hanno caratterizzato un lungo periodo della storia del nostro Paese e delle difficoltà incontrate da coloro a cui noi cittadini italiani abbiamo domandato di condurci alla ricerca della verità e della giustizia.

“Il nostro Stato democratico, proprio perché è sempre rimasto uno Stato democratico e in esso abbiamo sempre vissuto, non in un fantomatico doppio Stato, porta su di sé questo peso…”.

(Il peso che l’Italia democratica si porta sulle spalle e a cui si è riferito esplicitamente Napolitano è il fatto che spesso troppe cose sono rimaste incompiute nel cammino che doveva condurre alla verità).

Si potrebbe polemizzare sul fatto che la vita politica di Giorgio Napolitano è stata vissuta proprio in quel partito che su questa menzogna ha costruito la sua fortuna politica, ma di fronte a una presa di posizione così netta e coraggiosa, non mi sembra il caso di fare inopportune dietrologie.

Sul quotidiano “L’opinione” martedì 12 maggio c’era un interessantissimo articolo in cui il giornalista Paolo Pillitteri ci informava della chiara presa di posizione di Napolitano.

Ma la sorpresa l’ho trovata il giorno seguente, mercoledì 13 maggio, su “Europa”, quotidiano degli ex-margheritini del PD.

In un articolo dal titolo emblematico “Lo Stato parallelo c’era”, il giornalista Federico Orlando, rovesciando il significato delle parole del Presidente, dava una versione diametralmente opposta, ribadendo, senza la minima esitazione, la tesi secondo cui la storia del nostro Paese sarebbe caratterizzata da tutta una serie di episodi oscuri che avrebbero manovratori ancora più oscuri, che dirigevano il tutto dall’alto.

Devo dire che in Italia siamo davvero strani.

Io non mi sarei mai aspettato che fosse addirittura un giornale molto vicino a quelli che grosso modo sono gli eredi della vecchia sinistra democristiana, ad organizzare una disperata resistenza per arginare gli effetti dirompenti delle parole di un vecchio comunista che, da Presidente della Repubblica, ha coraggiosamente fatto crollare un dogma tanto caro ai suoi vecchi compagni comunisti.

Ma la cosa più buffa è un’altra.

Se fosse ancora in vita la vecchia “Balena Bianca” su “Europa” del 13 maggio, con ogni probabilità, avremmo letto un articolo completamente diverso da quello scritto da Orlando.
E magari noi cittadini italiani, l'altro giorno, sul giornale degli ex-margheritini, avremmo letto addirittura un bellissimo pezzo dai toni clamorosamente trionfalistici, fatto per evidenziare che un ex comunista ha finalmente ammesso che i moderati italiani hanno sempre operato nel rispetto delle regole democratiche e non tramando contro gli italiani.


Francesco.

Articolo tratto dal Blog http://pensieroliberale.ilcannocchiale.it

Il Papa in Terra Santa.

Si è concluso ieri il viaggio di Papa Benedetto XVI in Terra Santa.
Forse, per la prima volta la chiesa cattolica, può veramente svolgere un'importante ruolo di mediazione politica tra il mondo arabo e Israele.Infatti, BenedettoXVI è, come ha giustamente rilevato Giorgio Israel, il papa teologicamente più vicino agli ebrei nella storia della chiesa.
La frase "gli ebrei sono i nostri fratelli maggiori" oltre ad essere una verità inconfutabile per qualsiasi cristiano, prescindendo dalla chiesa di appartenenza, è sicuramente un'ottima base per rilanciare un dialogo costruttivo e proficuo con l'ebraismo e lo stato d'Israele.
Nel contempo, i rapporti della chiesa cattolica con il mondo islamico sono, comunque, buoni.Di conseguenza, la possibilità che il Vaticano possa mediare tra le parti è reale.
Sul viaggio del papa in Israele v'invito ad ascoltare l'intervista del dott.Guido Guastalla, Assessore alla Cultura della Comunità Ebraica di Livorno, al sito Radio Formigoni.

Alessandro

lunedì 11 maggio 2009

Il viaggio del Papa in Israele

E’ inutile rimarcare l’importanza del viaggio di Benedetto XVI in Israele e in Medio Oriente: è sicuramente il viaggio più importante e impegnativo di questo come di tutti i pontefici della cristianità cattolica.
Paolo VI si recò a Gerusalemme ma in quello che allora era territorio giordano.
Quando Giovanni Paolo II arrivò in Israele tutto il paese rimase col fiato sospeso, e quando si presentò, fragile e tremolante, ma forte di una volontà incrollabile di chiudere duemila anni di odii, incomprensioni, persecuzioni e chiusure, al Kotel (il Muro occidentale o del pianto), il luogo più sacro per l’ebraismo e per ogni ebreo, un silenzio surreale e una commozione straziante si sparse in tutto Israele e il soffio biblico di un vento leggero attraversò tutto il paese.
C’è una sola medicina per guarire l’uomo e liberarlo dall’odio: l’amore: Giovanni Paolo II la usò con grande generosità e coraggio. I rapporti fra ebrei e cristiani non sarebbero più stati come prima.
Benedetto XVI non potrà ripetere lo stesso gesto e ottenere lo stesso risultato, ma potrà fare molto di più: aiutare il trialogo fra ebrei, cristiani, musulmani.
Il suo viaggio è iniziato col piede giusto. L’incontro col Re di Giordania, il paese musulmano più tollerante e aperto al dialogo, ha già ottenuto un risultato ampiamente positivo, e indica quello che il Rabbino Jacob Neussner, americano e amico del Papa ha definito, in un recente discorso(5 maggio, Università di Miami) come il trialogo fra Ebraismo, Cristianesimo e Islam: il dialogo ebraico-cristiano, dice Neusner, iniziato poco più di un secolo fa deve trasformarsi in un rapporto che includa anche l’Islam.
Che questo Papa (non è un caso che sia stato allievo di Romano Guardini) annetta grande e decisiva importanza al dialogo ebraico-cristiano non è una novità: è stupefacente rilevare quante volte Benedetto XVI abbia parlato di questo rapporto nei suoi primi quattro anni di pontificato. Ma non possiamo dimenticare gli autorevoli interventi precedenti. Fra tutti voglio ricordare la prefazione del 2001 al documento finale della Pontificia commissione biblica (Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia Cristiana). Nel riaffermare che “..un congedo dei cristiani dall’Antico Testamento..avrebbe la conseguenza di dissolvere lo stesso cristianesimo, ma non potrebbe essere utile ad un rapporto positivo fra cristiani ed ebrei, perché sarebbe loro sottratto proprio il fondamento comune”, Benedetto XVI conclude: “Io penso che queste analisi saranno utili per il progresso del dialogo giudeo-cristiano, ma anche per la formazione della coscienza cristiana”.
Mi capitò tempo fa di intervenire con Giorgio Israel a difesa delle posizioni ripetutamente assunte da questo papa, anche precedentemente all’assunzione al soglio pontificio, a favore e per lo sviluppo del dialogo interreligioso. Vedo che gli avversari di allora hanno riconosciuto che non c’erano intenti di chiusura o peggio ancora di ripresa di vecchi stereotipi antigiudaici neelle inziative del papa.
Tutto il Rabbinato israeliano riceverà con grani onori Benedetto XVI che, riprendendo il discorso del rabbino Neusner parla ad Amman di dialogo trilaterale fra le tre religioni.
Certamente i temi religiosi si intrecciano con quel diplomatici, politici, economici: di grande evidenza e preoccupazione sono soprattutto le difficoltà che incontrano i cristiani di Oriente a rimanere nei luoghi in cui vivono da sempre. Ma senza un rapporto dialogico di profondo rispetto, pur nelle differenze sostanziali, e di amore fra tutti gli uomini di buona volontà, anche la pace fra i popoli e le nazioni sarà impossibile. Ecco quello che ci attendiamo da questo viaggio di Benedetto XVI.

Guido Guastalla
Assessore alla cultura Comunità ebraica Livorno

lunedì 4 maggio 2009

Le veline e l'ipocrisia

In questi ultimi giorni, dopo rare apparizioni, la moglie del premier Veronica Lario ha conquistato le prime pagine di tutti i giornali con dichiarazioni sull'etica il matrimonio, il modello di società italiana e le veline vergognosamente candidate dal marito.
Oggi sulla stampa in proposito vi sono altre dichiarazioni particolarmente interessanti.Sul Tirreno vi è un editoriale in cui si afferma che le veline in Parlamneto sono una questione di moralità nazionale.
Sul Corriere della Sera Veronica Lario afferma "che futuro ha un paese che cerca soldi facili in tv?"
Queste affermazioni mi hanno indotto ad alcune riflessioni.
Questo è uno dei paesi con minore ascesa sociale del mondo occidentale, ben il 44 % dei figli continuano ad appartenere alla stessa classe sociale dei padri.In un simile paese dove, da sempre, senza raccomandazioni, è pressochè impossibile salire la scala sociale, in una nazione dove il mercato e l'iniziativa individuale privata sono socialmente culturalmente e legalmente osteggiate è naturale che i giovani cerchino nel calcio e nello spettacolo un modo per emergere.
Inoltre, è divertente che sia la signora Lario ex attrice che grazie allo spettacolo è divenuta moglie dell'allora industriale e oggi premier Berlusconi a criticare lo show bussiness.
Ma ciò che è veramente comico è vedere che la sinistra, senza ritegno, critica le veline.
Le veline, le riviste scandalistiche che assomigliano sempre di più a riviste porno-soft, gli spogliarelli in tv e sui palchi del concerto sono i "migliori" frutti del 68, insieme all'impoverimento del livello scolastico.
Il 68 presentò il sesso ostentato e senza vincoli come una conquista sociale, come espressione di libertà, presentò il tradimento e le avventure di pur sesso senza legami come una conquista sociale. Prima del 68 la visione di un corpo nudo femminile era un qualcosa che riguardava la sfera personale della donna e del marito o fidanzato, con il 68 è diventato un oggetto di pubblica visione.
Oltretutto,dopo circa un secolo la sinistra in quegli anni è riuscita a togliere Dio dalla società e quindi a togliervi la morale. Quindi la sinistra dovrebbe solo festeggiare, questa vittoria.
Con queste mie affermazioni non voglio sostenere che aver fatto la velina dovrebbe essere considerato un requisito per fare la parlamentare o addirittura, eventualmente, il ministro però sicuramente una velina ministro non sarebbe la cosa più scandalosa vista in questo paese.
In Italia durante il governo Prodi, Oliviero Diliberto,che ha sempre difeso i peggiori sterminii commessi nel novecento, che ha sempre legittimato e giustificato la presenza dei gulag, che ha sempre sostenuto organizzazioni terroristiche come Hamas e Hezbollah, è stato addirittura ministro della Giustizia ed è professore universitario in attività.
In questo paese un filosofo, come Gianni Vattimo, antisemita, difensore dei campi di concentramento di Cuba e dei soliti gruppi terroristici è sempre candidato alle Europee quando con i Ds, quando con il PdCI, quando con l'IdV.
Potrei continuare, con queste persone di grandissima cultura ma privi di una qualsiasi forma di morale e sostenitori di dittature e totalitarismi sanguinari con milioni di morti da loro legittimati.Bene a costoro preferirò sempre un'ex velina che attraverso lo show bussiness è riuscita a salire la scala sociale.Sebbene, ovviamente, vorrei un paese in cui fossero altri i modelli vincenti.


Neoconservatore