martedì 29 settembre 2009

Odifreddi la superiorita` biologica della sinistra e il revisionismo su Olocausto e stalinismo



Alcuni giorni fa, il professor Odifreddi ha rifiutato il premio "Giuseppe Peano" per il miglior libro di divulgazione scientifica.
Odifreddi ha giustificato orgogliosamente il suorifiuto,sostenendo che non accetta di essere iscritto nello stesso albo con una persona come Giorgio Israel oltranzista sionista e collaboratore del governo e del sito d'informazione online Informazione Corretta
I giornali di sinistra,nonostante dedichino, ininterottamente, editoriali e articoli sia al rischio che la nostra societa`si trasformi in una societa` intollerante nei confronti di chi non la pensa come noi, sia al rischio che il governo voglia imporre il pensiero unico, hanno completamente ignorato la questione.
Saputa la notizia sul Il Foglio, sono andato sul sito di Odifreddi e ho trovato alcune interessanti interpretazioni del professore. Ho scoperto che, da ignorante e cretino, (cristiano per Odifreddi significa cretino), ritenevo la matematica una materia scolastica e una scienza, invece e` l`unica religione possibile.
In realta,` pero`, cio` che mi ha veramente colpito e` il revisionismo storico che Odifreddi attua nei confronti del nazismo e delllo stalinismo nonche` l`uso alquanto discutibile di teorie poliche e filosofiche per dimostrare la superiorita` strutturale e morale del comunismo sul capitalismo.

A proposito di democrazia e dittatura (tratto da Capitalismo e comunismo, da che parte sta` la scienza) scrive:

"Esistono naturalmente diversi modi di elezione di un parlamento, di cui il piu` diffuso e` la scelta a maggioranza fra diverse alternative.Nel 1785 il Marchese di Condorcet scopri` che questo sistema e` paradossale{...]Nel 1951 Kenneth Arrow dimostro` un teorema secondo cui esiste oltanto un sistema di votazioni che soddisfi le seguenti proprieta`:
liberta` individuale ( i votanti possono votare per i candidati che preferiscono);
dipendenza dal voto( il risultato delle votazioni e` determinato solo dai voti espressi):
monotonicita`(se un candidato vince prendendo un certo numero di voti, continua a vincere se ne prende di piu`).
Per quanto cio` possa essere sorprendente,questo solo sistema e` la dittatura."
Odifreddi termina la usa dissertazione sostenendo che poiche` questo teorema(non teoria ma, teorema) si applica a qualsiasi tipo di votazione, esso getta un`ombra sinistra sui sistemi politici "sedicenti democratici"

Leggendo questa dimostrazione logica sulla superiorita` della dittatura rispetto alla democrazia, potrebbero venire alcuni dubbi sul concetto di democraticita` che ha il prof.Odifreddi.
Dubbi che egli stesso, consente di diradare attraverso la virtuale intervista ad Hitler "sanguinario vegetariano" che avviene "mentre sessant'anni dopo, nel mondo si sta organizzando un Quarto Reich che va dagli Stati Uniti al Mediterraneo".


Iniziamo con Stalin, padre buono della Patria e vittima delle macchinazioni propagandistiche dell`occidente.

"Non crede che ci siano motivazioni oggettive, oltre alla sconfitta? Stalin la guerra l'ha vinta, eppure anche il suo nome è diventato sinonimo del male.

Milioni di persone non l'hanno pensata così, su Stalin, prima e dopo la guerra: quanti russi hanno pianto, quando è morto? Temo che lei non sappia molto nè dello stalinismo, nè del nazismo, a parte ciò che le ammanniscono i Ministeri della Propaganda, del suo paese e di quello che lo comanda".

Proseguiamo con il revisionismo storico sull`olocausto che, in fin dei conti, non ha impedito a milioni di ebrei di diffondersi nel mondo e ha insegnato agli ebrei come si devono trattare le minoranze:

"Non vorrà negare, però, che il nazismo si è macchiato di crimini contro l'umanità mai visti prima.

Ah, sì? E quali?

Anzitutto, lo sterminio di sei milioni di ebrei.

Non dica cretinate. Il mio modello per la soluzione del problema ebraico è stato il modo in cui gli Stati Uniti avevano risolto l'analogo problema indiano: un genocidio sistematico e scientifico dei diciotto milioni di nativi che vivevano nell'America del Nord. Quanti indiani rimangono negli Stati Uniti, oggi? Qualche centinaio, mantenuti in riserve come i bisonti. E quanti ebrei rimangono invece, al mondo? Milioni, e hanno addirittura uno stato tutto per loro: il quale, tra l'altro, sta mostrando di aver imparato la nostra lezione sul come trattare le minoranze etniche".


Non poteva ovviamente mancare la chiesa cattolica fonte d`ispirazione per il nazismo:

"La Chiesa non la pensa certo così!

Ma se, da quando Rolf Hochhuth ha rotto l'incantesimo con Il vicario nel 1963, non si fa che parlare del silenzio di Pio XII nei confronti di quello che voi chiamate Olocausto! E poi, lei non ha certo letto il mio Mein Kampf, che immagino non sia facile da trovare nelle vostre librerie: se l'avesse fatto, ricorderebbe però che il progetto per il trionfo del nazismo era modellato sulla tenace adesione ai dogmi e sulla fanatica intolleranza che hanno caratterizzato il passato della Chiesa cattolica".

Finiamo infine con l`America, peggiore dei nazisti durante la II Guerra Mondiale e ora fautrice di un Quarto Reich appoggiata dai "nuovi Goebbels come Zeffirelli,Spielberg e Berlusconi".

"In ogni caso, basterebbe a condannarvi il disprezzo per la vita umana di civili innocenti che avete dimostrato durante la guerra.

Questa la vada a raccontare agli abitanti di Amburgo e di Dresda, sui quali avete riversato le "tempeste di fuoco'' che ne hanno ucciso un milione. O a quelli di Hiroshima e Nagasaki, trecentomila dei quali sono stati inceneriti da due bombe atomiche: nessuna propaganda può cancellare il fatto che i "cattivi'' nazisti non hanno costruito queste armi di distruzione di massa, mentre i "buoni'' Stati Uniti le hanno non solo costruite, ma usate!

Di questo passo, arriverà a dire che gli Stati Uniti furono anche un paese nazista!

Gli Stati Uniti non possono aver seguito il nazismo, perchè l'hanno preceduto e ispirato. In fondo, volevamo entrambi una cosa sola: come cantavano le mie SS, Morgen die ganze Welt. Purtroppo il mondo era quasi tutto nelle mani delle potenze coloniali, e bisognava toglierglielo con la forza. Il "male'' di cui ci hanno accusati era tutto qui: voler fare a loro ciò che essi avevano fatto ad altri. Noi abbiamo fallito, ma gli Stati Uniti stanno portando a termine quello che era il nostro vero progetto: il dominio globale (militare, politico ed economico) del pianeta.

E' questa, dunque, l'eredità del nazismo?

L'ha già dichiarato Otto Dietrich zur Linde, il giorno prima della sua esecuzione, nell'intervista rilasciata all'argentino Borges, poi pubblicata col titolo Deutsches Requiem: il nazismo era un'ideologia così ben congegnata, che l'unico modo per sconfiggerla era di abbracciarla. Noi volevamo che la violenza dominasse il mondo, e il nostro scopo è stato pienamente raggiunto. Non abbiamo vissuto e non siamo morti invano".

Voglio finire questa breve esposizione del pensiero di Odifreddi ritornando al suo articolo su comunismo e capitalismo, per evidenziare la superiorita` biologica dei marxisti rispetto alle altre persone:

"Le ricerche di Roger Sperry sulla struttura cerebrale,per le quali egli ha ottenuto il premio Nobel per la medicina nel 1981, hanno mostrato che le attivita` dei due emisferi sono complementari e differenziate:l`emisfero sinistro e` preposto al pensiero astratto e alle attivita` di comunicazione, di scrittura e di ccalcolo; quello destro e` muto, e preposto alle attivita` percettive e di riconoscimento.

La lateralizzazione del cervello e` dunque coinvolta nela determinazione del comportamento a livello neuronale, in modo taleda riflettere le tendenze politiche: gli individuidi sinistra saranno piu` razionali e scientifici,quelli di destra piu` istintivi ed artistici.Se la ragione e` la qualita` che distingue l`uomo dagli animali, si puo` pensare che sistemi di organizzazione della societa` basati su di essa( il marxismo) siano piu` in sintonia con lo sviluppo biologico di quelli basati invece sull`istinto(il capitalismo)".

Voglio solo concludere, sottolineando che una simile persona e` stata insignita della medaglia all`Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

Alessandro

giovedì 24 settembre 2009

La fine del secolo americano


Il nove Novembre di quest`anno si celebrera` il ventennale della caduta del muro di Berlino, monumento simbolo dell`oppressione che il totalitarismo comunista esercitava nel mondo.
Il crollo dell`Urss che solo dieci anni prima aveva raggiunto l`apice della sua influenza nel mondo, non implicava "solamente" la fine della guerra fredda (definizione al quanto impropria,se si pensa a tutte le guerre combattute “per procura” nei paesi del terzo mondo),con il rischio che un giorno potesse scoppiare una Guerra nucleare.
La caduta dell`Unione Sovietica, aveva un significato molto piu` ampio. Era il trionfo della democrazia sul totalitarismo, dell`economia di mercato sull` economia comunista, della liberta` sulla paura. Questo inevitabilmente provoco` grande euforia negli Stati Uniti,sentimento ben espresso dal libro di Francis Fukuyama: "La Fine della Storia".
Nel libro si sosteneva che si era chiusa per sempre un`epoca storica, e da quel momento gli Stati Uniti avrebbero avuto la possibilita` di cogliere i frutti della loro vittoria, attraverso la diffusione dei propri valori nel mondo.
Da allora, per quasi due decenni, storici e giornalisti hanno discussso e scritto, dell`America come unica superpotenza, del XXI secolo come del secolo americano.
Dopo il discorso di Barack Obama, alle Nazioni Unite, si puo` sicuramente affermare che, se mai il XXI secolo e` stato il secolo Americano, esso e`gia` finito.
Obama, ha presentato come aspetti fondamentali della sua agenda politica il disarmo nucleare e convenzionale, la pace, il clima, l`economia ed ha espressamente affermato l`impotenza degli Stati Uniti ad affrontare e risolvere questi problemi da soli.
La rottura rispetto, non solo alla precedente amministrazione, ma anche nei confronti di buona parte della politica storicamente portata avanti dalle amministrazioni americane e` evidente.
Barack Obama, infatti, ponendo come prerogative assolute il disarmo e il clima sembra definire la sua agenda maggiormente sulla base del “sentire” europeo e mondiale rispetto a quello americano.
Inoltre, e questa e` la rottura storica con la politica estera Americana, il presidente ha chiaramente manifestato l`intenzione di collaborare con qualsiasi potenza mondiale o regionale, indipendentemente, dal loro tipo di governo.
Durante la propria storia, quantomeno a livello di principio, gli Stati Uniti hanno, sempre esaltato liberta` e democrazia. Perfino durante gli anni 70 quando sulla base di un realismo anticomunista sostennero, delle dittature militari, i presidenti americani, dal punto di vista teorico dottrinale, mai misero in dubbio la superiorita` della democrazia sulla dittatura e mai posero sullo stesso piano regimi democratici e dittatoriali.
Ieri Obama lo ha fatto. Il presidente ha, infatti, espresso la volonta` di collaborare con qualsiasi paese indipendentemente dal fatto che sia una democrazia o una dittatura, ed ha, perfino, presentato come una colpa l`insistenza degli Stati Uniti nel promuovere la democrazia. Le ripercussioni di questa concezione sono notevoli a livello mondiale sia per i popoli sia per gli stati.
Come scrisse due anni fa su Newsweek Nathan Sharansky, brillante intellettuale vittima del regime comunista, l`America indipendentemente da alcune politiche sbagliate portate avanti durante gli anni della Guerra fredda, e` sempre stata percepita e giustamente come il paese della liberta` dell`opportunita`.
E` sempre stata percepita come il paese che nonostante gli errori, guidava il mondo libero nella lotta contro il totalitarismo.
Per usare l`espressione biblica ripresa da Reagan, per tutti coloro che vivevano sotto dittature o totalitarismi l`America e` sempre stata la citta` illuminata sulla collina, il faro e la speranza.
Obama ieri ha fatto capire, che non bisogna piu` aspettarci questo dagli Stati Uniti.
Lo conferma anche la posizione che ha assunto sulla questione mediorientale.
Il presidente americano ha parlato di una necessita` di trattative senza precondizioni. In altre parole ha dato legittimita` alla posizione di Hamas: non e` necessario riconoscere il diritto all`esistenza dello stato d`Israele per iniziare delle trattative.
Inoltre ha espresso il suo dolore per la condizione in cui vivono i bambini israeliani e quelli palestinesi citando le condizioni proibitive in cui vivono rispettivamente a Sderot e a Gaza. Non ha pero` fatto il minimo accenno al fatto che i bambini israeliani vivono nel terrore, non a causa del proprio governo ma a causa delle organizzazioni terroristiche palestinesi (Hamas e Jihad) che usano la striscia come rampa di lancio missilistica.
Allo stesso tempo, non ha evidenziato come la striscia sia sotto il completo controllo di Hamas che ha imposto una condizione di terrore a chiunque non apaprtenga alla sua fazione e usa i finanziamenti che riceve da europa e paesi arabi per l`acquisto di armi e non per medicinali e cibo.
Obama, quando venne eletto, promise una politica estera che avrebbe portato pace e avrebbe attenuato l`antiamericanismo nel mondo. L`amminstrazione americana, per realizzare questo obbiettivo ha portato avanti una politica del compromesso, del dialogo senza precondizioni ma, dalle dittature come Iran Corea del Nord, Cuba, Russia, ha ottenuto esclusivamente degli attestati di stima e la disponibilita` a discutere per ottenere accordi su questioni secondarie.
Contemporaneamente, l`America ha reso alquanto tesi i rapporti con gli unici veri fedeli alleati che avesse: Israele e I paesi dell`Europa dell`Est.
Appare evidente,dopo dieci mesi, che la politica realista di Obama, in realta` risulta essere una politica idealistica ed illusoria,soprattutto nella convinzione che le dittatutre vogliano davvero trattare, foriera di ben poche soddisfazioni.

Alessandro

venerdì 18 settembre 2009

Leggende antisemite


Oggi abbiamo deciso di riportare due articoli sulle leggende antisemite che trovano ampio spazio nei media arabi, e non solo...

Il primo e` un breve articolo di Emanuel Baroz, tratto dal sito FocusonIsrael

Partita dall’Algeria, una sorta di “leggenda metropolitana” secondo cui bambini algerini verrebbero rapiti ”dagli ebrei” per depredarne gli organi, sta` facendo il giro dei mass-media in tutto il mondo arabo islamico.

La bufala, naturalmente senza alcuna prova né riscontro né riferimento concreto, è stata pubblicata per la prima volta dal quotidiano algerino El-Khabar lo scorso 6 settembre, per poi essere ripresa dalla tv Al Jazeera e da decine di siti web e blog, spesso ricollegata ad una analoga calunnia riportata dal giornale svedese Aftlonbadet.

Il secondo e` un articolo di Ugo Volli da Informazione Corretta

Stavo facendo colazione e finendo il mio piatto di eggs and bacon (non preoccupatevi per la mia tenuta religiosa, è pancetta kasher, non fatta col maiale ma col cosciotto croccante di bei bambini gentili sgozzati per usare il loro sangue nel pane azzimo) e contemplavo in cuor mio (be', cuore... si fa per dire) i piani strategici per impadronirmi del governo del mondo insieme agli altri savi di Sion, magari organizzando una bella guerra mondiale per aumentare il valore delle azioni delle fabbriche di cannoni, quando sono stato colpito da una notizia di uno dei giornali che uno dei miei numerosi schiavi neri mi aveva messo sul tavolo (purtroppo giornali stampati sulla carta e non su autentica pelle umana come piace a me – si sa, l'eleganza ormai è sempre più difficile, ma in particolare questo giornale qui è svedese, bisogna sapersi accontentare, la vera democrazia ha i suoi prezzi). Sì, mi stavo godendo la lettura dell' "Aftonbladet" - non perché sia un buon giornale, tutt'altro, ma per vedere se c'era qualche speculazione da fare in Svezia, possibilmente al costo di ridurre alla fame i suoi abitanti, di obbligare le vedove alla prostituzione e gli orfani al suicidio.
Quand'ecco la notizia:”Våra söner plundras på sina organ - Palestinier anklagar Israels armé för att tjäla kroppsdelar från sina offer. Här berättar Donald Boström om den internationella transplantationsskandalen – och hur han själv blev vittne till övergrepp på en 19-årig pojke." Eccezionale, no? Un vero scoop, un colpo giorbalistico Ecco il link
Ah, già, vero, voi non leggete lo svedese, scusate, apologi, slichà, Entschuldigung, pardon, insomma scusate. Quel che dice il più diffuso quotidiano svedese, non un fogliaccio di provincia, è che l'esercito israeliano rapisce i palestinesi per estrarre loro gli organi e farci sopra larghi guadagni. Già proprio così, li sequestrano per rubar loro il cuore e il fegato, è scritto proprio così, se non ci credete la storia l'ha pubblicata Haaretz e l'ha ripresa il Jerusalem Post qui:
"Israeli Ambassador to Sweden Benny Dagan was expected to speak to the Swedish Foreign Ministry to protest the publication of an article in the country's newspaper Aftonbladet that accused IDF soldiers of abducting Palestinians to steal their organs." [L'ambasciatore israeliano in Svezia Benny Degan presenterà una protesta al ministero degli esteri per protestare contro la pubblicazione di un articolo sul giornale Aftonbladet, che accusa i soldati dell'esercito israeliano di rapire i Palestinesi per rubare i loro organi.]
Naturalmente è tutto vero, gli israeliani negano solo per modestia, hanno forse paura della concorrenza, si può capirli, si fanno un sacco di soldi a ridurre a fettine la gente. Ma io l'ho sempre visto fare: tutte le volte che in Israele incontro una pattuglia di Tzahal mi chiedono se sono palestinese, e hanno già pronto l'apposito coltellino svizzero multifunzione per tagliarmi il fegato, il cuore e le cornee, zac zac zac e hanno anche l'imbuto per bermi il sangue, lì, direttamente sul posto: consumato caldo è delizioso, si sa. A voi non è mai capitato? E per salvarmi dal trapianto non basta mostrare che sono circonciso (il che è sempre un po' un piacere, per noi porconi, specie con le soldatesse), dato che pure gli arabi ce l'hanno e neanche la carta d'identità israeliana è sufficiente, un sacco di palestinesi ne sono in possesso. Occorre lo speciale segno di riconoscimento segreto giudo-pluto-massonico, che purtroppo non vi posso rivelare perché è segreto, ma sappiate che c'entra la stella di Davide e l'emblema delle giovani marmotte.
Esibendo quella, tutto cambia: si viene invitati al banchetto e se i soldati sono di buon umore si offrono anche di farti un trapianto di cuore lì sui due piedi, molto apprezzato perché aumenta le prestazioni sportive e anche quelle erotiche. Ebbene sì, gli svedesi hanno capito tutto. La vera industria israeliana è il commercio d'organi, intesi sia come strumenti musicali che come parti del corpo e certe volte anche come tutte e due le cose assieme; non c'è canna d'organo migliore di un bel femore svuotato dal midollo... Prima di loro c'erano arrivati solo Hitler, il muftì di Gerusalemme suo amico Al Hussein e Henry Ford senior. Qualche volta sembra che Micky Mouse si fosse avvicinato alla scoperta, ma non l'ha mai svelata davvero, almeno fino all'ultimo album. Che volete, non è facile scoprire la verità, ci vuole un naso investigativo un po' normanno, gli occhi d'aquila delle autentiche bestie bionde, come le chiamava Nietszche. Ma quel che ancora non tutti sanno, e che il grande Aftonbladet si accinge a rivelare, forse già sul prossimo numero, è che anche l'assalto a Gaza è stato motivato dal desiderio israeliano di impadronirsi di un congruo numero di fornitori d'organi di piccole dimensioni (vulgo bambini). Sono in grado di anticiparvi con orgoglio che c'è almeno una vaga paternità italiana in questo scoop. Infatti al quotidiano svedese è venuta in mante l'idea assistendo al "documentario" italiano "Piombo fuso" premiato al recente festival di Locarno per il suo equilibrio e la sua serietà storica. Vabbé, vi lascio, vado a terminare il mio paté di vergini e martiri (naturalmente islamiche, una specialità della cucina di un kibbutz del Galil), col contorno di gazpacho di neonato. Ma mi raccomando, mentre vado via non pensiate che gli svedesi siano antisemiti. No, sono i presidenti di turno dell'Eurabia, tengono famiglia e senso di responsabilità. Non per nulla di recente hanno fatto tenere a porte chiuse un match di tennis a Malmoe perché vi partecipavano gli israeliani: mica si possono insultare i poveri musulmani mostrando dei trapiantatori a piede libero che partecipano a un gioco per gentlemen, parente della vecchia pallacorda reale. Per questo gli svedesi come presidenti dell'UE, nel loro fermo antirazzismo sostengono senza compromessi che la Gerusalemme Est non deve essere contaminata da abitanti ebrei, detti coloni perché colano sempre. Non possono stare lì, ma non perché puzzano e hanno il nasone, questo no, anche se... e neppure perché sono deicidi, anche se...; o almeno tutto questo si potrebbe sopportare, con nordica tolleranza. E' che mangiano i bambini.


Ugo Volli

PS: Sapete cosa ha risposto il ministero degli esteri svedesi a un giudice tedesco che chiedeva di interrogare l'intervistatore televisivo che aveva ripreso le celebri dichiarazioni del buon vescovo Williamson, quello che la Shoà è un'esagerazione e nei forni di Auschwitz per quel che ne so io ci arrostivano le noccioline? Che il loro è un paese libero e gli intervistatori televisivi sono liberi di intervistare chi gli va. Speriamo che abbia la stessa dignità rispetto all'ambasciatore israeliano: noi siamo un paese libero e la stampa parla di trapianti quanto le pare, non siamo mica come voi che avete il muro dell'aparteid! Viva la libertà!

lunedì 14 settembre 2009

Etica e Fede sono la risposta di lungo periodo alla crisi economica



Il Tirreno, ha affrontato il tema della crisi economica economica e finanziaria globale e i suoi riflessi sulla Toscana con un editoriale del Direttore, un reportage di Lancisi, e un commento del prof.Volpi. Molte di quanto scritto e` condivisibile, ma forse non e` stato dato abbastanzanza rilievo al rapporto tra etica fede ed economia.
Non c’è dubbio che “la traversata del deserto che ci porterà alla ripresa è prevedibilmente lunga e pesante”; il rischio però è che qualcuno il deserto non riesca a traversarlo per arrivare nella terra promessa e perisca in mezzo al guado. Mi riferisco in particolare alla Toscana e a Livorno, dove la crisi sta colpendo in modo durissimo e dove la chiusura o il passaggio di proprietà di aziende storiche non mette in moto un processo virtuoso di innovazione e di nuove prospettive strategiche di sviluppo e occupazione. Non credo neppure che valga la giustificazione che le multinazionali “sfuggono completamente al confronto con le amministrazioni locali”; è necessario interagire, affrontare i problemi, creare condizioni favorevoli per il mantenimento e/o l’arrivo di nuove attività produttive, avere una capacità sistemica di collocare lo sviluppo nel quadro complesso del mondo in cui viviamo.
Lancisi ci parla di una Toscana che corre, che, controtendenza, innova, si adegua, diversifica i prodotti, cambia pelle: è la risposta degli animal spirits per cui il capitalismo non è mai in crisi ma è esso stesso la crisi, un equilibrio instabile che modifica continuamente i termini della realtà e si adegua ai cambiamenti, governandoli.
Il prof. Volpi ritiene che la scelta di Tremonti di difendere famiglie ed imprese, rinunciando a riforme strutturali sia di corte respiro e trova generici e poco concludenti gli appelli, ripresi anche nel discorso del Meeting di CL a Rimini, ad un grande “cambiamento di natura culturale e persino spirituale”, ritenendo che l’etica e la politica abbiano “poco a che fare con l’individuazione di soluzioni reali per uscire dalla crisi”. La discussione su questo tema è molto complessa, e non è possibile svilupparla qui in modo compiuto; non mi sembra però che il ministro Tremonti sia un cattiva compagnia: da papa Benedetto XVI al Tony Blair del discorso di Rimini agli interventi di economisti e politici del centrosinistra come Salvati e Ranieri.. Dahrendorf a proposito della “terza via” di Antony Giddens e del New Labur parlava di “cerchio incantato”, di un progetto cioè che aveva permesso di saldare sviluppo economico e coesione sociale. Chi ha avuto modo di ascoltare il discorso di Blair a Rimini, interrotto di continuo da standing ovations da parte dei quindicimila presenti, è rimasto fortemente impressionato dagli accenni meta-economici di natura etico-politico religiosa che lo hanno caratterizzato. Una citazione :”Basta osservare la crisi finanziaria per capire che la ricerca del massimo profitto a breve termine, senza il giusto rispetto per il bene comune, è un errore che non conduce né al profitto né al bene”. Il senso del discorso è che: “Senza Dio, l’uomo non sa dove andare, e non capisce neppure chi è”. Evidenti ed espliciti i riferimenti alla recente enciclica “Caritas in veritate”.
Mi sembra una posizione convergente con quella espressa da Tremonti :”Chi non sa difendere le proprie idee ha già perso la sfida del confronto con gli altri…Un continente che parla con una sola voce di economia, ma non di valori spirituali, è un’entità solo nominale…Questo è un segno di decadenza, molto più degli indicatori di sviluppo dell’economia. L’uomo ridotto ad una scheggia di PIL”. (“La paura e la speranza”).
Abbiamo scambiato gli interessi con i valori, l’avere con l’essere, i mezzi con i fini, il consumismo con l’umanesimo. Credo che usciremo correttamente dalla crisi solo se sapremo rimettere i fattori della società umana nel loro corretto rapporto: l’etica, la fede, le religioni non si aggiungono al mondo ma sono la risposta alle attese del mondo. E’ il motivo per cui nonostante la crisi, e forse proprio perché c’è la crisi quelle forze politiche che non ne tengono conto sono destinate a non raccogliere il consenso degli elettori e quindi ad una sconfitta duratura.

Guido Guastalla

SHAVUOT: Le cinque confererenze di Elia Benamozegh sulla Pentecoste



Al pubblico dei lettori che già conosce ed apprezza gli scritti di Elia Benamozegh sarà molto gradita la recente uscita, nella Collana di studi ebraici della Casa editrice Belforte di Livorno, di un volume, a cura di Marco Morselli, che raccoglie cinque conferenze del grande rabbino livornese sul tema della Pentecoste ebraica, la festa di Shavuot, date alle stampe per la prima volta nel lontano 1886, successivamente per più di un secolo cadute nell’oblio ed ora finalmente oggetto di una nuova pubblicazione.
E’ significativo osservare come, in questi ultimi anni, molte opere di Benamozegh abbiano visto nuovamente la luce: basterebbe ricordare, fra le più importanti, Israele e l’umanità, Morale ebraica e morale cristiana, L’origine dei dogmi cristiani, Storia degli Esseni, L’immortalità dell’anima, tutte ancora valide oggi e capaci di interessare e di stimolare i lettori non solo per la ricchezza del loro contenuto, ma anche per la capacità di esporre i molteplici e complessi aspetti della cultura e della spiritualità dell’ebraismo in modo chiaro e scorrevole, mostrandone tutta la bellezza e l’influenza sulla formazione della nostra civiltà occidentale.
Benamozegh - ricordiamolo per chi gli si accostasse per la prima volta - pur essendo di origine marocchina, visse in Italia, a Livorno, nel corso del XIX sec., partecipando con passione ed entusiasmo alle complesse vicende storiche dell’epoca, fiero delle sue radici ebraiche ma anche della sua italianità, convinto di poter contribuire, con il suo personale impegno culturale, religioso e civile, alla costruzione di una società più giusta, in cui i valori delle tre grandi religioni monoteiste, in particolare dell’ebraismo e del cristianesimo, non si sarebbero più contrapposti, ma sarebbero entrati in una fase di dialogo fecondo: per questo egli può essere considerato un vero e proprio precursore del dialogo interreligioso.
Nella parte introduttiva dell’opera, Marco Morselli sottolinea come l’intento di Benamozegh fosse di esporre la parte non scritta, ma tradizionale della storia della Rivelazione sinaitica, con la sua «pleiade bella, edificante, graziosa, di fatti minori, di eloquentissimi particolari». L’attenzione all’universalità della Rivelazione è infatti costante in tutti gli scritti del Maestro: il matan Torah, cioè il dono della Torah, è rivolto non solo a Israele ma a tutta l’umanità, che un giorno sarà capace di accoglierlo e di rigenerarsi in esso. L’Ebraismo ha saputo custodire gelosamente e amorosamente questo dono, al tempo stesso però non abbandonando mai la sua prerogativa di farsi tutto a tutti, «di farsi come Elia piccino coi piccini per dar loro la vita, di esser latte pei bimbi, miele per giovani, vino per i vecchi… di avere un linguaggio per il popolo, un altro per i dotti… assumendo forme senza limite e senza fine quante sono le generazioni e gli individui che si succedono, sempre permanendo uno, sempre lo stesso, come l’acqua piovana che scende dal cielo… che diventa vino nelle viti, olio nelle ulive».
Benamozegh possiede una grande fede nel miglioramento dell’umanità, nella sua capacità di poter progressivamente sempre più comprendere, percepire non solo con gli occhi, ma anche col cuore, la bontà di quel messaggio divino, di quella Legge assolutamente perfetta proclamata con forza sul Sinai, di cui neppure lo stesso Mosè poteva ancora cogliere totalmente la luce e la grandezza. Significativo è a questo proposito il racconto del Talmud che mostra il Profeta, ormai salito in cielo, intento ad ascoltare Rabbi Aqiva che spiegava a numerosi discepoli la Legge di Dio, insegnando loro cose che Mosè stesso non conosceva né comprendeva. All’improvviso uno dei discepoli chiese ad Aqiva dove avesse imparato tutto quello che stava spiegando. La risposta del Rabbi : «Halakhah le-Mosheh mi-Sinai», cioè «E’ dottrina data a Mosè dal Sinai» rende bene quanto sia forte la convinzione, presente in Benamozegh e profondamente radicata nell’ebraismo, di quel progresso cui sopra abbiamo accennato. Il suono dello shofar, continuo e sempre crescente, che aveva accompagnato il prodigioso evento sul monte, indicava infatti, secondo il nostro Autore, non solo la perpetuità della Legge, ma anche «uno sviluppo sempre maggiore non già in Lei, che è sempre la stessa e sempre assoluta, ma negli uomini che la posseggono, nella sua intelligenza, nella sua pratica, nella sua diffusione». Tale suono inoltre era suono del nuovo Regno di Dio, suono di convocazione e di consacrazione del popolo sacerdote, perché «come la chioccia chiama i suoi pulcini, così la madre pietosa, la Shekhinah, convocava sotto le sue ali amorose ai piedi del Sinai i piccoletti figli».
Nel giorno in cui era stata data la Legge, erano presenti in spirito presso il Sinai , secondo il Midrash Rabbah, non solo tutti i Profeti , ma anche, come sostengono i Dottori, tutte le anime presenti e future d’Israele e tutte le schiere degli Angeli: la terra tremò per ricordare a tutti che nulla è stabile quaggiù tranne Dio sempiterno, una fragranza celeste si diffuse ovunque, profondo fu il silenzio di tutto l’universo, espressione di una grande attesa. Proprio dalla Tradizione, come sottolinea Benamozegh sin dalla sua prima conferenza, veniamo a conoscere quei tanti aspetti della rivelazione del Sinai che non sono narrati nel testo biblico; è inoltre sempre la tradizione che ci insegna a distinguere nei dieci comandamenti, definiti come “il discorso della corona”, i primi due che furono promulgati direttamente dalla divina onnipotenza dagli altri otto mediati dalla voce di Mosè. L’eterna verità si esprimeva sul Sinai in cento modi bellissimi, modulandosi e proporzionandosi secondo le forze fisiche e morali di ognuno, rivelandosi, come dicono i Dottori del Talmud, in settanta lingue diverse, cioè in tutte le lingue, perché tutti la comprendessero.
Ma a chi la Rivelazione era rivolta? Secondo i testi scritturistici, solo agli uomini in modo diretto, mentre per la Tradizione, che interpreta in modo del tutto particolare le parole della Scrittura: «Parla prima alla casa di Giacobbe e poi ai figli d’Israele», essa in primo luogo era stata data alle donne, definite come “casa di Giacobbe”, in quanto le donne sono generalmente più disposte ai pensieri e alle opere della religione e si occupano dell’educazione della prole. Inoltre, aggiunge Benamozegh con quell’accento scherzoso che spesso troviamo nelle sue conferenze, «perché vedendo Iddio la mala prova che aveva fatto nella creazione il comandare prima all’uomo, trascurando la donna, volle nella Rivelazione cambiare registro per vedere se meglio così avrebbe riscosso la comune obbedienza».
Ancora dalla tradizione possiamo ricavare la data in cui fu data la Legge, il 6 o il 7 di Siwan, dal momento che la Scrittura non lo dice esplicitamente, pur facendocelo capire. Il tempo primaverile dell’evento, secondo Benamozegh, vuole significare che la religione non deve essere triste, gretta, misantropa, incapace di associare l’amore del bello, della natura, della poesia, all’ossequio dei precetti del Sinai.
Nei testi biblici la festa di Pentecoste era considerata soltanto una festa campestre, collegata alla raccolta del grano, dalla quale però i Dottori avevano tratto spunto per sottolinearne non più semplicemente il carattere agronomico e civile, ma morale e legislativo. Il Decalogo infatti era stato donato al popolo d’Israele affinché fosse da lui interpretato e trasmesso di generazione in generazione fino ai giorni nostri. La Rivelazione era stata così affidata al popolo, che però non doveva ritenere di esserne l’esclusivo possessore: «Guai se Israele si credesse il popolo eletto nel senso odioso della parola, o per dir meglio, il popolo privilegiato. La sua elezione è un ministero, una servitù, una missione, un beneficio a vantaggio dell’universale… Israele sarà un popolo di sacerdoti che officia per il genere umano nel suo santuario, la Palestina». La regola sacerdotale è la Legge mosaica, quella comune è costituita dai precetti noachidi
Dal Sinai dunque scaturirono tutte le parti della Legge di Dio, tutti i precetti, anche i minimi. Benamozegh pensa che il loro numero sia molto antico, costituito molto prima dell’era rabbinica. Tutto infatti era stato già scritto in forma sintetica in quelle due tavole di pietra, da cui poi i Dottori ricavarono i 613 precetti, cuore pulsante dell’Ebraismo. Se la religione ebraica fosse stata opera di uomo, costui avrebbe cercato di facilitarne l’osservanza per attirare proseliti, Mosè invece fece esattamente tutto l’opposto, prova questa che il durissimo giogo della legge mosaica fu voluto dalla divinità. In particolare nella sua terza conferenza Benamozegh si sofferma a spiegare le valenze del numero 613, sottolineando che fra tutti i precetti 248 sono positivi e 365 negativi. L’antica anatomia riteneva che appunto 248 fossero le parti che compongono il corpo umano, mentre 365 sono i giorni dell’anno solare. Da tutto ciò si deduce, secondo la sua interpretazione, che l’uomo e il mondo, il microcosmo e il macrocosmo, sono retti da una Legge unica, creatrice e conservatrice dell’intero universo. L’uomo che liberamente sceglie di osservare tutti i precetti, o almeno ha il desiderio di farlo pur non avendone la possibilità, può salvarsi anche se ne ha rispettato uno soltanto, afferma il nostro Autore, basandosi su una consolidata tradizione espressa da famosi Dottori.
La legge di Dio inoltre, come sarà immutabile nell’avvenire, così lo è stata anche per il passato. Benamozegh dedica molto spazio a tale affermazione proponendosi di dimostrare la preesistenza del mosaismo allo stesso Mosè con parole appassionate e piene di poesia: «Una verità… si faceva sempre e sempre più sfolgorante nell’animo mio, che la Rivelazione del Sinai non fu una pianta esotica, una novità, un fatto isolato senza precedenti… ebbe un’aurora come ebbe un crepuscolo… Mosè è un sole che sorge con i Patriarchi, tocca il meriggio sul Sinai, scende, declina, tramonta coi Profeti e coi Dottori. Egli sta in mezzo fra le due Tradizioni, l’una sua madre, l’altra sua figlia: una che lo precede, l’altra che lo segue». Si potrebbe ritenere la Rivelazione nata con Adamo quando si legge nel Genesi che «il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel Gan Eden perché lo lavorasse e lo custodisse» (Gn 2,15). Le parole “lo lavorasse” alluderebbero alle miswot positive, mentre a quelle negative farebbe riferimento l’espressione “lo custodisse”. Benamozegh insiste molto sul fatto che tutte la dottrine dell’Ebraismo, tutti i suoi “dogmi” sono anteriori a Mosè non solo nei loro aspetti principali, ma anche nei minimi, e presenta per avvalorare la sua tesi una ricca serie di citazioni bibliche. In tal modo egli dimostra come l’esistenza e l’unità di Dio, la sua provvidenza, la creazione del mondo, la Rivelazione, la spiritualità dell’anima, le sue sorti oltremondane, l’esistenza degli Angeli, la necessità del culto e le sue modalità, la fede nella resurrezione, il simbolismo numerico, la benedizione e la santificazione del Sabato, le feste, i sacrifici, tutte le leggi religiose e civili trovino profonda radice nei tempi più antichi per essere poi amorosamente trasmessi di generazione in generazione e per essere osservati anche in avvenire: «Il Sinai non è un punto di partenza né un punto di arrivo,…ma una tappa, una gran tappa di una religione nata con il mondo e che col mondo finirà, una stazione fra due paradisi, …un mezzogiorno fra due crepuscoli, l’aurora e il tramonto».
Nella parte finale del libro, in particolare nell’ultima conferenza, Benamozegh difende la Rivelazione mosaica dall’accusa di essere un privilegio concesso a un solo popolo a scapito di tutti gli altri, sottolineando con fervore che il Dio d’Israele è anche il Dio di tutti gli altri popoli. Tornando a spiegare ancora una volta il “privilegio” dell’elezione, si ribadisce che essa è innanzitutto una vocazione speciale a servizio di tutta l’umanità: Israele ha infatti il ruolo di mediatore tra la terra e il cielo, tra l’uomo e Dio. Gli Ebrei sono un mezzo dunque e mai un fine, fine che non risiede soltanto nel sacerdozio di Israele: tutto il genere umano infatti sarà benedetto in Israele e attraverso Israele.
Ma la Parola del Signore si presenta in tanti modi anche ai Gentili, arrivando ad essi per mezzo della Rivelazione primitiva concessa ai Patriarchi, attraverso la legge naturale contenuta nel Pentateuco e comune a tutti i figli di Adamo e soprattutto attraverso la voce dei Profeti inviati da Dio come vindici del diritto, dell’innocenza, della giustizia non solo interna, ma di tutte le nazioni. L’umanità forma, spiega Benamozegh, una sola famiglia di cui Dio è il Padre supremo e Israele il figlio primogenito, in quanto fu unico fra tutti i popoli a riconoscere sin dai tempi più antichi il Dio unico e a praticare la sua Legge nell’attesa di tempi più propizi in cui tutto il mondo fosse maturo per riceverla .
Per questo l’ebraismo è duplice: «Egli ha due leggi, due religioni, due regole, due discipline, la noachide… e la mosaica; la prima ad uso delle genti, la seconda d’Israele, la prima legge a tutti comune, regola del laicato universale, la seconda regola del sacerdozio… entrambe divine, eterne, necessarie, utilissime leggi, ma la mosaica ordinata e custodita quasi astuccio, fodero o vagina della noachide e quindi implicante obblighi specialissimi, eccezionali».
Particolarmente significative sono infine le parole con le quali si conclude il libro e che testimoniano il calore e la passione che animavano Benamozegh e che ancora adesso riescono a infondere nel lettore una forte emozione: «L’ebraismo è una meraviglia, un miracolo, un capo d’opera di cosmopolitismo…Una religione siffatta è il più grande dei miracoli… Fermo adunque popolo di Dio nella credenza della sua verità… L’avvenire ti darà ragione come ti ha dato finora e l’Umanità che travagliasi nella ricerca di una religione ti renderà grazie di avergliela serbata incolume contro tutte le seduzioni e contro tutti i pericoli».
Certamente una visione così ottimista dell’avvenire non avrebbe mai potuto immaginare la tragedia che si sarebbe abbattuta sul popolo ebraico nel corso del novecento… Eppure forse ancora di più, dopo i drammatici eventi del secolo che da poco si è concluso, la voce di Benamozegh è capace di infondere speranza, capacità di resistenza, attaccamento a quei grandi valori nei quali egli aveva creduto.
Il lettore odierno inoltre può rimanere certamente colpito non solo dal contenuto delle conferenze, ma anche dalla piacevolezza del linguaggio, dalla sua particolare vivacità e coloritura, talvolta da una bonaria ironia che certamente dimostrano come il Maestro riuscisse molto bene a catturare l’attenzione del suo pubblico e che ancora adesso possono renderci più gradevole la lettura.
Dopo più di un secolo le riflessioni di Benamozegh non hanno perduto la loro validità, anzi forse possono essere comprese e condivise meglio oggi di quando sono state esposte per la prima volta, grazie proprio a quel “progresso” delle coscienze in cui il Maestro aveva posto tanto grande fiducia. In tale ottica le cinque conferenze su Shavuot possono offrire un notevole contributo all’approfondimento del significato di una festa molto importante per l’Ebraismo, ma possono altresì stimolare una riflessione sulle radici della Pentecoste cristiana raccontata negli Atti degli Apostoli, che a Shavuot strettamente si ricollega (basti pensare, ad esempio, al fragore che si diffonde nel Cenacolo e che ricorda la voce dello shofar, o al miracolo delle lingue che si ricollega alla Rivelazione sinaitica avvenuta in settanta lingue diverse per indicare che era rivolta a tutta l’umanità).
Giudico infine molto importante il contenuto del libro anche come contributo alla rimozione di quel turpe pregiudizio che per secoli – e purtroppo in qualche caso ancora oggi – ha portato e porta ancora a non comprendere correttamente e quindi ad interpretare in modo gravemente distorto il significato dell’elezione di Israele. La consapevolezza della dignità del suo regale sacerdozio esercitato in favore di tutta l’umanità dovrebbe essere presente in chiunque si dichiari amico del suo popolo, contribuendo così alla creazione di legami sempre più profondi di rispetto e di amicizia in vista della costruzione di un futuro migliore per tutta l’umanità.

Guido Guastalla