martedì 27 ottobre 2009

Dove va il Pdl a Livorno?



La rissa, da angiporti medioevali, fra Russo e Zingoni, ospitata sul quotidiano Corriere di Livorno nei giorni scorsi, non può che suscitare sconcerto e e disgusto nei dirigenti, militanti e semplici elettori del centro-destra.
A distanza di pochi mesi da elezioni amministrative disastrose per il nostro territorio, rispetto ad esempi anche vicini, come Cecina, Volterra, Pomarance etc, la cui responsabilità non può che ricadere sui gruppi dirigenti responsabili delle candidature, dei programmi, della campagna elettorale, abbiamo visto di tutto di più. Litigi furibondi sui giornali, divisione dei gruppi consiliari in due prima, e tre spezzoni poi, ostilità e incomunicabilità fra le persone, assenza di una azione politica sul territorio, mancanza di iniziative e di proposte in presenza di una crisi economico-finanziaria devastante, specie nella nostra città.
Tempo fa Fabrizio Cicchitto, interrogato a proposito della forbice fra risultato politico e amministrativo rispose che: “siamo un gruppo selvaggio che ha tirato ma che ora va organizzato sul territorio” e continuando: “Sa che cosa le dico? Troppa gente non fa politica sul territorio”. A Livorno – aggiungo io – molta gente non fa politica tout court.
La discussione fra i due personaggi rivendica la presenza dei Circoli e dei Club della Libertà. Ma chi se ne è accorto della loro presenza? Della Brambilla i primi, di Valducci i secondi, in realtà non esistono che nella testa di chi li ha pensati come strutture, finte e virtuali, di potere, per spartirsi i posti negli organigrammi: è una discussione surreale di tipo onirico. Ma quali attività avete fatto? Quali incontri? Quali gruppi di studio? Quali gruppi dirigenti? Dove sono i vostri iscritti?
Nessuno è in grado, ovviamente di rispondere a questi semplici quesiti per il semplice fatto che è tutto solo e soltanto sulla carta.
Il partito in realtà non esiste; lo scontento nell’elettorato, nella cosiddetta base, è massimo. Ma lor signori che fanno? Continuano ad azzuffarsi all’arma bianca nella prospettiva di spartirsi qualche posticino, magari di consigliere regionale.
Scriveva recentemente Alberoni in un articolo intitolato “Quando cadono gli ideali restano solo avidità e bugie”: “ Cosa accade…quando l’essere umano non sente l’aspirazione a superare il suo egoismo, a migliorare moralmente, a creare una comunità in cui vengono premiati il merito e la virtù?” Persi gli ideali, a cosa si rivolge la spinta umana che tende verso l’alto? Solo al potere e al denaro. Il potere diventa un fine in sé…. Tutti i mezzi diventano leciti per scalare l’unico cielo che è rimasto: accordi trasversali, ricatti, società segrete”. Se, come continua : “La grande chiassosa battaglia della politica italiana nasconde gente che accumula enormi poteri ed enormi ricchezze”, la piccola battaglia locale, aggiungo io, nasconde misera gente che accumula piccoli poteri e modeste ricchezze.
Viviamo un momento di cinismo, egoismi, grandi e piccole astuzie e viltà, che degradano la lotta politica per volgari e inconfessabili interessi: restano solo grandi e piccoli poteri contrapposti e la menzogna.
Nonostante tutto c’è sempre però gente coraggiosa che continua ad agire con correttezza e rigore, che ha fantasia, fede e vuol indicare una strade migliore ai giovani.
Il passato ci insegna che alla fine i malvagi, coloro che perseguono unicamente il loro tornaconto personale si autodistruggono, anche perché oltre un certo grado di abiezione, la gente si ribella e cerca altre persone per cominciare di nuovo a sperare e a costruire il proprio futuro.
A questa gente vogliamo dire semplicemente: per favore fatevi da parte,e liberateci da questi miasmi insopportabili.

Guido Guastalla
Presidente Società aperta- Fondazione Magna Carta

giovedì 15 ottobre 2009

L`Italia e lo scudo fiscale



Lo “scudo fiscale” ha inevitabilmente ridato nuova linfa all’eterna e complessa discussione sul confine tra etica e politica.
Tuttavia io voglio analizzare quelli che sono gli aspetti pratici della questione e provo a dire la mia sulle reazioni del mondo politico di fronte all’adozione di questo provvedimento da parte del governo Berlusconi.
La maggioranza ha presentato lo “scudo” come la classica medicina dal sapore terribile, ma dagli indiscussi effetti benefici.
Evidentemente le finanze pubbliche non se la passano bene.
E allora si è puntato su questa misura estrema per far rientrare nel nostro paese le ingenti somme di denaro “emigrate” nei “paradisi fiscali”.
Ma come ha reagito l’opposizione?
Non so perché, ma secondo me i principali antagonisti del Cavaliere, al di là degli inevitabili atteggiamenti di facciata, non sono stati per niente convincenti.
Il PD non si è sporcato le mani più di tanto.
Ma magari il principale partito d’opposizione spera che siano direttamente le piazze a dare un segnale forte alla maggioranza.
Casini, come al solito, ha detto il meno possibile.
Un atteggiamento più ostile ha provato a tenerlo l’IDV.
Ma Di Pietro, anche su questa questione, ha dimostrato di avere poche idee e confuse.
Ricordo che il leader dell’IDV, nella puntata del 22 settembre di “Annozero”, disse che il suo partito è per il sequestro totale dei capitali illegittimamente esportati all’estero.
Speriamo che Di Pietro abbia voluto fare demagogia perché se davvero non ha capito che lo “scudo fiscale” è stato adottato proprio perché è impossibile fare quello che dice lui, significa che non ci siamo proprio.
Nei giorni successivi alla magra apparizione televisiva Di Pietro si è limitato ad offendere i suoi avversari e non ha dato ulteriori prove della sua ferrata conoscenza della materia trattata.
Anche quelli del “Fatto quotidiano”, cioè coloro che si vorrebbero imporre all’attenzione di tutti come i più acerrimi nemici del tiranno, non sono stati particolarmente propositivi.
In particolare Travaglio e i suoi uomini non hanno saputo fare di meglio che confinare lo “scudo fiscale” nello stucchevole e lagnoso calderone del loro odio viscerale per il premier.
Non so se questo sia dovuto ad una precisa scelta editoriale, ma questo è quanto.
Persino Furio Colombo, una delle migliori e più agguerrite penne del giovane quotidiano, non ha saputo infiammare gli animi dei suoi lettori.
Ma il suo, per molti versi, è un silenzio giustificato.
Infatti tra i capitali finiti nei “paradisi fiscali” c’è anche quella consistente somma di denaro misteriosamente sparita dal patrimonio della Famiglia Agnelli.
E dunque l’ex presidente della Fiat America ha fatto bene tenere una linea di basso profilo relativamente a una questione che avrebbe potuto creargli qualche grattacapo.


Francesco

L`etica aiuta l`economia


Il Corriere della Sera, questa mattina, ha dato notizia dell`attuazione della fase operativa del cosiddetto scudo fiscale, con l`inizio dei controlli su 50 mila italiani ex residenti all`estero.
Contemporaneamente, la Banca d`Italia ha riacceso le polemiche sostenendo che l`adozione di questo condono fiscale invogliera`, in futuro, altre persone ad evadere con la convinzione che prima o poi un condono ci sara`.
Al contrario di Banca Italia, ritengo che il governo, considerando la situazione economica nazionale ed internazionale, abbia compiuto la scelta giusta.
La fuga dei capitali all`estero si e` sempre verificata in tutti i paesi del mondo ma ora, per la prima volta da tanti anni, si e` venuta a creare una situazione favorevole per il recupero di parte di quei soldi.
Infatti, sull`onda del crollo finanziario globale, le potenze internazionali hanno quasi obbligato i "paradisi fiscali" a rinunciare almeno in parte al segreto bancario, rendendo cosi` rintracciabili gli evasori.
Questo ha spinto un po` tutte le nazioni,America in testa, a cercare di recuperare i capitali trafugati all`estero.
Pensare, pero`, di recuperare le ingenti cifre solamente con sanzioni piu` o meno pesanti e` utopico.
Se chi ha capitali all`estero non ha incentivi a riportarli in Italia, adesso, molto probabilmente preferisce cercare di nasconderli ancora meglio e sperare che tra un anno o due, magari con il cambio di governo o della situazione internazionale, la caccia ai capitali non sia piu` una priorita`.
Allo stesso tempo,pero,`il condono e` una sorta di male necessario, un compromesso pratico moralmente non condivisibile che deve rimanere un`eccezione.
Infatti, la crisi economica a cui si e` arrivati e` in larga parte frutto proprio dell`assoluta mancanza di rispetto della morale nell`economia.
Per lunghi anni le virtu`, i valori morali erano stati considerati, generalmente, dei vincoli fastidiosi da aggirare per perseguire gli obbiettivi economici.
Negli anni precedenti la crisi si e` arrivati al punto che l`economia e la morale sono state considerate "piani paralleli", come se la sfera economica e quella morale non riguardassero entrambe l`uomo.
A tal proposito, voglio ricordare la poszione di Irving Kristol. Il neoconservatore americano, ha sempre evidenziato come non sia in discussione la superiorita` del modello capitalistico su quello socialista/ comunista.
D`altra parte il capitalismo si basa, su liberta`e responsabilita` individuale, talento personale, merito. Il comunismo si basa sulla negazione della specificita` di ciascun individuo, sul suo annullamento nella massa, sull` imposizione agli individui di concezioni di benessere, interesse, bisogni indipendentemente dalla loro volonta`.
Questo non vuol dire, pero`, che il capitalismo sia perfetto.
Infatti e` vero che il sistema capitalistico ha permesso, a quasi tutti di godere di una qualita` materiale della vita prima impensabile, soprattutto per le classi povere. Ha inoltre favorito l`ascesa sociale, ed ha favorito l`affermarsi del concetto di meritocrazia.
Infine ha favorito,in un rapporto di reciproca influenza, l`affermarsi della democrazia e delle liberta` personali.
Pero`, come giustamente ricordava Kristol, tale sistema non e` in grado di evitare le degenerazioni, quale il capitalismo baronale di fine ottocento o la bolla finanziaria dell`ultimo anno.
Alcuni ritengono che sia sufficente uno stato forte, attore economico che allo stesso tempo regoli l`economia e sanzioni pesantemente chi viola le norme, per evitare tali degenerazioni.
In realta`, se e` vero che regole e sanzioni sono assolutamente necessarie, un` eccessiva presenza statale nell`economia e una "burocratizzazione" di questa non fa altro che aumentare inevitabilemente il ricorso alla corruzione e alla politica dei favori.
L`unico vero rimedio concerne l`unico attore della sfera politico economica: l`uomo.
Per il buon funzionamento del "contratto sociale" che lega gli uni agli altri nella societa` l`individuo deve essere responsabile. Questo significa che non puo` permettersi di non riconoscere il bene dal male, il giusto dallo sbagliato, i mezzi dai fini.
All`interno della societa`, l`individuo e` riconosciuto ed accettato come un unicum, un essere umano con un`anima e una coscienza. E` libero di scoprire il proprio potenziale e perseguire il suo legittimi interessi ma, nel fare cio` deve rispettare gli altri (come persone prima di tutto) i loro bisogni, i loro diritti.
Egli e` responsabile del suo benessere e di quello della sua famiglia ma, nel contempo, ha il dovere come membro di tale comunita` di contribuire al benessere di essa attraverso buone opere.
Questi principi devono essere applicati anche all`economia, che non puo` essere un `isola amorale ed avaloriale, perche` cio` comporta pesanti ripercussioni su tutto il resto.
Allo stesso tempo credo che questi valori possano avere il suo fondamento, principalmente, nella tradizione giudaico cristiana, l`unica che considera la persona un unicum irripetibile ponendola al centro del mondo.
Alessandro Bertonelli


martedì 13 ottobre 2009

Lo scudo fiscale fra etica e politica


L’intervento di Massimo Paoli introduce nel dibattito sullo scudo fiscale elementi di equilibrato giudizio e si pone alcune domande sul rapporto fra etica e politica-economia.
I lati positivi sono evidenti: rientro di una eccezionale massa di capitali, entrate fiscali per svariati miliardi di euro, possibili investimenti e allocazione di questi capitali per far ripartire l’economia e quindi nuovi posti di lavoro, stipendi, fatturato per le aziende, e infine nuovo fiato alle strutture creditizie provate dalla crisi finanziaria mondiale.
Anche i lati negativi però sono altrettanto fondati e seri. Il condono è troppo a ridosso dell’altro e rischia di diminuire drasticamente il gettito tributario, inoltre crea la sensazione che a pagare siano solo gli onesti e cioè i “soliti fessi”, infine potrebbe riaccendere spirali inflazionistiche prima che sia ripristinata una corretta dinamica dei salari.
Ma, dice Paoli, i pro e i contro non si possono considerare del tutto in equilibrio. Se i primi sono in gran parte legati alla pratica, in senso economico e politico, i secondi si appoggiano e contengono elementi di natura etica, cioè quella sfera della pratica che si rivolge ai “fini” e non ai “mezzi”.
Paoli conosce troppo bene il dibattito interno all’etica moderna e lo sforzo per contemperare fini e mezzi e il loro rapporto reciproco. Se questo tema era indubbiamente presente anche nel mondo antico è almeno da Machiavelli, che fonda l’autonomia della politica, che diviene centrale nel pensiero filosofico. Fra etica delle intenzioni (per brevità l’imperativo categorico kantiano) e l’etica delle conseguenze (ad esempio quella weberiana) ci può e deve essere un rapporto, e se si quale? E inoltre, mentre la prima prevale come presupposto del comportamento personale, lo è altrettanto in quello della società? Infine, valori etici come “giustizia fiscale, senso della cittadinanza e dello stato, senso della democrazia reale” appartengono alla prima, o non piuttosto alla seconda e alla sua progressiva modulazione storica?
Le domande sono molte e tutte molto complesse e di non facili da affrontare in poche righe.
Una osservazione comunque: sembra possibile ottenere lo stesso risultato concreto che si propone lo scudo, senza passare attraverso lo scudo? E se non è possibile, allora l’osservazione che il prelievo del 5% è troppo favorevole, non ci riporta all’interno di un’etica utilitaristica, e cioè del mezzo migliore per ottenere un risultato ritenuto comunque positivo?
In un mio precedente articolo pubblicato su Il Tirreno “Etica e fede sono la risposta” avevo cercato, citando pensatori come Giddens e Dahrendorf, economisti e politici come Salvati e Ranieri, Tremonti e Blair, il papa Benedetto XVI nella sua enciclica “Caritas in veritate”, di riportare il discorso fra sviluppo economico e coesione sociale e etica ad una possibile convergenza, a quel “cerchio incantato” come possibile punto di incontro fra prospettive divergenti o contrapposte.
Che questo tema sia centrale nel dibattito contemporaneo ce lo dice anche Benedetto XVI quando afferma che “..il problema decisivo è la complessiva tenuta morale della società”. (Caritas in Veritate, 51).
L’etica religiosa in questo momento è avvantaggiata, anche sui temi concreti dell’economia e della politica, rispetto a quella laica, per un sistema etico di riferimento che fa discendere l’inviolabile dignità morale della persona umana dal trascendente valore delle norme morali naturali.
L’etica laica si trova invece in difficoltà di fronte ai cambiamenti epocali a cui assistiamo ma non è detto che non possa reagire positivamente.
Credo e mi auguro che dal dibattito, dall’incontro di queste due concezioni, nella loro variegata presenza, possa venire qualcosa di buono, sicuramente di migliore rispetto a certe discussioni di questi ultimi mesi e giorni.
A Massimo Paoli il merito di aver ripreso questi temi, e la richiesta di un impegno a discuterne pubblicamente quanto prima.

Guido Guastalla
Presidente Società aperta - Fondazione Magna Carta

Scudo fiscale: vantaggi pratici, svantaggi teorici


L’economia è da sempre il regno del pragmatismo. Nonostante gli sforzi recenti, encomiabili e condivisi di nobilitarla attraverso l’iniezione di robuste preoccupazioni etiche un po’ a tutti i livelli, resta uno dei più potenti e flessibili strumenti di quell’arte del possibile che è la politica.
Sotto questa luce il dibattito sullo scudo fiscale introdotto dal governo è apparso da subito segnato da uno zelo propagandistico che ha contaminato entrambe le parti.
Proviamo invece a vedere con distacco e ragionevolezza i lati positivi e quelli negativi del provvedimento, dopodiché proveremo a darne un giudizio sereno.
I lati positivi sono almeno tre. Primo, il rientro di 70-90 miliardi di euro (la stima di 300 fatta da alcuni ci sembra del tutto esagerata), produrrà 3-4 miliardi di entrate fiscali dirette legate alle modalità dell’operazione, e di questi tempi non sono certo da buttar via. Secondo, il rientro concentrato di tutti questi soldi mobiliterà investimenti e allocazioni che facendo ripartire l’economia origineranno negli anni, mano a mano che gli investimenti e le allocazioni diventeranno transazioni e posti di lavoro e quindi fatturati e stipendi, un altro bel flusso di gettiti vari che ora è difficile valutare, ma che è stimabile come importante. Terzo, sempre che stavolta il governo sia attento ad impedire che il rientro si traduca in una bolla speculativa, come quella che pochi anni fa si produsse in occasione dell’altro condono e che alla fine si scaricò soprattutto sul mercato immobiliare, i capitali rientranti ridarebbero un bel fiato alla struttura creditizia del sistema economico italiano e ai suoi principali operatori, cioè le banche e assimilati, seriamente provate dalla crisi finanziaria mondiale ancora in corso. Accompagnato da un serio progetto di chiusura dei paradisi fiscali questo potrebbe essere davvero l’ultimo condono per un lungo periodo a venire. Ma chi ci crede? L’impressione è che data l’importanza del sommerso, dell’elusione e dell’evasione fiscale endemiche nel nostro sistema economico (270 miliardi all’anno secondo l’Agenzia delle Entrate), massicce fughe di capitali ci saranno sempre.
Anche i lati negativi sono almeno tre. Primo, questo condono è troppo a ridosso dell’altro fatto appena qualche anno fa. Non c’è dubbio infatti che l’uso sistematico dei condoni e assimilati tende a provocare e quindi provocherà una minore osservanza dei doveri fiscali. Questo rischia di diminuire sistematicamente il gettito tributario, già ridotto dalla crisi, e di aumentare di conseguenza il deficit pubblico annuale (schizzato quest’anno al 5,3% del Pil, 90 miliardi, quasi quanto i capitali rientranti), che andrebbe ad accrescere il già smisurato debito pubblico del paese (quasi 1800miliardi di euro). Secondo, il condono crea la sensazione generale che pagare le tasse sia da “fessi”, e fesso si sente chiunque capisca che ci sarà qualcuno che rimpatria magari 100milioni di euro con una imposizione di circa il 5%, mentre l’aliquota media che egli ha pagato e paga di solito sul suo misero stipendio di 45mila euro lordi annui sfiora il 30%. Terzo, un rientro così compatto di capitali, soprattutto nel caso dovesse canalizzarsi in pochi settori di sfogo o addirittura in uno solo rischia di avviare spirali inflazionistiche mentre ancora non si è ripristinata una dinamica positiva dei salari. Invece di accrescerla, ciò contrarrebbe la domanda aggregata e darebbe un ulteriore colpo ai consumi.
A questo punto i pro e i contro sembrerebbero bilanciarsi, ma non è proprio così.
Non si può tacere, infatti, su un fatto quantomeno rilevante: i lati positivi sembrano tutti molto “pratici” (efficacia, rilancio, nuova ricchezza), quelli negativi contengono considerazioni imperniate su importanti valori etici (giustizia fiscale, senso della cittadinanza e dello stato, senso della democrazia reale)
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Massimo Paoli

sabato 10 ottobre 2009

L`inconsistenza dei cattolici dentro il Pd toscano e il relativismo etico



Siamo alle solite: la sinistra non avendo idee ed essendo ormai fuori dalla storia pianta inutili bandierine. A Firenze il pd ha presentato una delibera per istituire il registro del testamento biologico, peraltro iniziativa inutile visto che la competenza è del parlamento, dando un ulteriore prova (semmai ce ne fosse ancora bisogno) di dove in realtà stiano i cattolici (non adulti ovviamente) e in genere tutti coloro che difendono la vita.Molto bello ed importante è stato l'intervento di Sua Eccellenza Monsignor Betori vescovo d Firenze che ha accusato senza mezzi termini i "cattolici" del pd di non seguire il Vangelo.
E non è la prima volta che ciò accade ,vedasi i dico o il tentativo sempre durante il governo Prodi di introdurre il reato di omofobia in un decreto legge che riguardava tutt'altra materia.Potrei continuare ma, mi fermo qui per brevità e decenza; aggiungo solo, buttandola in burla e parafrasando una vecchia pubblicità,che dove c'è qualcosa contro natura c'è la sinistra.
Nella nostra Livorno ha finalmente aperto i battenti(dopo anni di tentativi andati a vuoto) Magenta 2 ovvero Esselunga senza grandi proclami,anzi decisamente in sordina. e questo la dice lunga sulla cappa ideologica che soffoca questa città.
Ma questa non e` un`esclusiva livornese, in buona parte della Toscana e dell'Emilia e in una parte più marginale della Liguria è stata ed è una vera e propria odissea aprire un supermercato Esselunga.
A tal proposito illuminante è il libro scritto dal dott. Bernardo Caprotti "dalla falce al carrello" dove concretamente spiega ostacoli e cavilli messi in campo dalle amministrazioni rosse , come negare un terreno per motivi di scavi archeologici e fin qui non ci sarebbe nulla di male , salvo 6 mesi dopo venderlo alla coop.
Altro che sinistra al caviale ormai sono in una torre di avorio lontani dai bisogni della gente e rimasti attacati a patetici feticci. La speranza è che al termine delle primarie, con la prevedibile vittoria di Bersani (dalemiano di ferro),molti ex margheritini tornino nel loro alveo naturale e non facciano più da stampella ai ds . A Livorno va anche peggio: nel pd la componente ex comunista è nettamente egemone, e la parte cattolica, pur di partecipare al fastoso banchetto, si accontenta delle briciole. Alcuni di loro in fine, sembrano vittime della sindrome di Sttocolma; attaccati ingiustamente ai tempi della prima repubblica,ora si piegano docilmente al volere dei loro carcerieri, salvo poi, in privato, dirne di tutti i colori sui cari "compagni" di viaggio.
Dignità questa sconosciuta.

Fausto Fagiolini, consigliere per il popolo della libertà della circosccrizione 4

mercoledì 7 ottobre 2009

Ai livornesi serve un nuovo ospedale?



Che ai livornesi serva un nuovo ospedale e che, quindi, debba essere fatto lì (cioè a Montenero) è affermazione apodittica, tutta da dimostrare. La potremmo sostituire con: “Ai livornesi serve un nuovo ospedale?”.
Sono tutte valide le osservazioni di politici, lettori, personalità della società civile, delle associazioni etc., ma nessuna tranne l’intervento di Paolo Borghi si pone da un punto di vista sistemico.
Livorno rinunciò molti anni fa ad una struttura regionale, optando per un nosocomio provinciale che nel tempo avrebbe subito un inevitabile ridimensionamento rispetto alle tre strutture regionali (Pisa, Firenze, Siena). Questo ridimensionamento è avvenuto e nel frattempo anche il degrado dell’attuale struttura, nonostante i continui, costosi lavori di manutenzione e la costruzione del nuovo pronto soccorso, dislocato in una posizione sbagliata, dove le ore di attesa si sono moltiplicate a dismisura. Si parla per il solo pronto soccorso di 80 milioni di euro spesi.
In un sistema metropolitano, con distanze che vanno dai 18 ai 50 km abbiamo cinque strutture che spesso duplicano i servizi, con costi di costruzione, gestione e manutenzioni eccessivi.
Inoltre un ospedale non è solo e soltanto la struttura edilizia, ma soprattutto le attrezzature moderne e di avanguardia, il personale specializzato (medico e paramedico), l’organizzazione del servizio.
Si parla di 250 milioni di Euro per la costruzione; si valutano i costi per la gestione, il nuovo personale da assumere, le spese generali, quando magari a 18 km. Si possono già avere gli stessi servizi? Sarà forse necessario discutere di diversificazione nelle specializzazioni, di concentrare le risorse anziché disperderle.
Nel frattempo la Toscana e Livorno in particolare vivono uno dei momenti peggiori per la loro economia dal dopoguerra. I distretti industriali sono in crisi, le aziende chiudono, licenziando i dipendenti, mancano infrastrutture adeguate per la ripresa e lo sviluppo. La crisi sembra darci un momento di sollievo. Le grandi compagnie di navigazione rinviano il ritiro delle grandi navi porta-container che avrebbero definitivamente messo fuori gioco i porti come Livorno.Abbiamo qualche anno di tempo: lo sapremo sfruttare o lo faremo passare inutilmente, come è avvenuto per gli ultimi venti anni? Allocare correttamente le risorse è la principale dote dei governanti in tutti i tempi: chi lo sa fare assicura alle popolazioni che governa prosperità e futuro; chi non lo sa fare produce miseria e declino. E’ quello che sembra accadere alla nostra regione e alla nostra città . Credo che la discussione dovrebbe incentrarsi, molto semplicemente su quale futuro per Livorno, coinvolgendo l’intera città. Invece sembra prevalere la ideologia del fare per il fare: è avvenuto per l’interporto, avviene oggi per il nuovo ospedale. I nostri amministratori si assumono, di fronte alla città e soprattutto alle nuove generazioni una grande responsabilità.
Non vorrei pensar male, ma mi viene in mente che forse con queste opere pubbliche si vuole assicurare un buon carico di lavoro a qualcuno: non saranno mica le ormai famigerate cooperative?

Guido Guastalla
Presidente Associazione Società Aperta- Magna Carta

lunedì 5 ottobre 2009

Puo` il Pd sopravvivere senza Berlusconi?


Sabato scorso si e` svolta a Roma una manifestazione per la liberta` di stampa in Italia che, secondo l`opposizione, sarebbe in grave pericolo. Successivamente, c`e` stato il solito balletto delle cifre sulle presenze reali alla manifestazione che, comunque, ha avuto successo.
Di conseguenza, si puo` considerare un successo che puo` servire a cementare momentaneamente un opposizione divisa e priva di un programma chiaro e definito; capace di trovare consenso e omogeneita` solamente in nome dell`antiberlusconismo.
Il Pd avrebbe dovuto essere il partito del rinnovamento italiano, della vera rottura con il mondo della prima repubblica e della guerra fredda.
Una compagine politica in cui confluivano gli uomini e quindi la storia e la cultura della vecchia sinistra democristiana e del partito comunista, con lo scopo di dar vita ad una sinistra moderna ed europea.
In realta`, questo partito moderno, europeo, post comunista finora non ha mai visto la luce.
I motivi possono essere molti ma, dal mio punto di vista, due sono quelli predominanti: la mancanza di una coraggiosa e anche dolorosa analisi del proprio passato storico, un`interpretazione giacobina della lotta politica.
Con la fine della guerra fredda, in tutti i paesi dell`Europa, seppur con modalita` diverse, i partiti comunisti hanno fatto i conti con la loro storia, hanno affrontato e discusso del loro legame con il totalitarismo sovietico, della loro connivenza con un regime oppressivo e liberticida.
Questo pur provocando sul breve periodo scissioni e perdita di consenso, ha permesso a molti di loro di ridefinirsi come partiti di sinistra realmente psot comunisti.
In Italia, la sinistra comunista, paradossalmente, proprio con la sconfitta del comunismo ha avuto finalmente la possibilita` di andare al potere a livello nazionale.
E` stato sufficente un “maquillage” simbolico e dialettico e, sull`onda lunga di “mani pulite”, la sinistra comunista divenne il “nuovo” divenne automaticamente un moderno partito post guerra fredda.
Quella congiuntura storica ha fatto si che la sinistra italiana, non solo abbia evitato accuratamente di analizzare il proprio passato, i propri errori ed orrori ma abbia finito per esaltare il proprio percorso storico.
In questo modo pero`, i vari partiti post comunisti, non hanno mai avuto una reale credibilita` soprattutto dal momento in cui hanno deciso di ergersi a censori del vizio e a protettori della pubblica Virtu`.
Obbiettivi, secondo loro perseguibili, esclusivamente, attraverso l`eliminazione politica dell`avversario responsabile della degenerazione sociale e civile: Berlusconi.
I recenti comportamenti del premier sono oggettivamente alquanto discutibili, pero`, la sua demonizzazione e` un processo che la sinistra ha iniziato nel lontano 1994.
Fin dalla meta degli anni novanta la sinistra, soprattutto quella cosiddetta moderata, invece di criticare il premier per le scelte politiche sbagliate ha promosso una campagna di critica aprioristica su qualsiasi atteggiamento e politica promossa da Berlusconi.
Questo antiberlusconismo e` stato portato avanti con tale veemenza e sollecitudine, soprattutto dagli intellettuali, che e` diventato una sorta di “passaporto” senza il quale non si ha diritto ad entrare nella sinistra.
Tale atteggiamento pero` ha comportato, per motivi opposti, gravi conseguenze per la stessa sinistra.
Infatti, questa campagna moralistica e censoria non ha ottenuto consensi tra i moderati ma, nel contempo, ha “fondamentalizzato” la base elettorale del partito.
I moderati non hanno gradito una visione politica incentrata sulla demonizzazione dell`avversario e, allo stesso tempo, hanno considerato poco credibili soggetti politici che svolgono la funzione di censori morali pur non avendo mai rinnegato una politica di sostegno e di dipendenza economica e politica da una potenza totalitaria responsabile di milioni di morti.
Gli elettori di sinistra, invece, hanno condiviso fortemente l`interpretazione dei loro leader e dei loro giornali, secondo cui l`illegalita` diffusa, l`immoralita`, la mancata coesione sociale sono estranei alla loro parte politica , e sono esclusivamente il frutto dell`esistenza di Silvio Berlusconi che, attraverso il suo immenso potere priva gli italiani della capacita` di ragionare, ossia di votare sinistra.
Con quindici anni di questa politica la sinistra moderata e` diventata vittima di se stessa.Come ha dimostrato la fallimentare esperienza veltroniana, infatti, la base non accetta assolutamente una rottura neppure parziale con l`antiberlusconismo, ritenuto non sufficente ma necessario e imprescindibile.
Oltretutto, proprio nel momento in cui con Veltroni cercava timidamente di abbandonare l`antiberlusconismo, il Pd si alleava con Di Pietro, novello Saint Just, che faceva dell`antiberlusconismo l`essenza del suo programma .
La conseguenza di questa strategia contraddittoria e` stata una sonora sconfitta alle elezioni politiche, con il popolo di sinistra che ha premiato l`unico che portava avanti senza se e senza ma l`antiberlusconismo.
Cosi`, al Pd non e` rimasto che correre ai ripari, cercando di riappropriarsi del ruolo di partito inquisitore, purificatore dei vizi degli italiani.
Speriamo che nei prossimi anni gli intellettuali e i politici di sinistra capiscano che l`assioma persone intelligenti libere ed oneste votano inevitabilmente sinistra e tale solo per loro che credono ancora nella superiorita` morale ed intellettuale della sinistra.
Speriamo che capiscano che senza aver fatto i conti con il loro passato, e senza avere un comportamento coerente, non sono credibili come censori del vizio, risultano semplicemente ipocriti.
Speriamo che cio` succeda per il bene di questo paese, bisognoso di una sinistra moderna laica ed occidentale.


Alessandro