lunedì 27 aprile 2009

Costanza Vaccaro: la candidata del PDL alla provincia di Livorno

Al momento in cui è stata sciolta la riserva sulla candidatura di Costanza Vaccaro alla Presidenza della Provincia di Livorno per il PDL, non possiamo che esprimere la nostra soddisfazione più profonda. Abbiamo lavorato da molto tempo per questo risultato, sin dal giorno in cui Marco Taradash sbarcò a Livorno. Ci incontrammo per una cena al circolo del tennis e lo stesso Taradash fu entusiasta di una possibile candidatura della giovane segretaria dell’UDC alla Provincia di Livorno.
Oggi questa candidatura ufficiale, fortemente voluta da molti esponenti di spicco anche di provenienza AN, e dai vertici regionali e nazionali, in primis l’on Matteoli, permetterà al centro destra di fare una campagna elettorale equilibrata all’insegna dei principi e dei valori di libertà, e di rispetto e di partecipazione alle radici culturali e religiose della nostra città e provincia e proiettata al recupero di sviluppo economico e culturale di Livorno e provincia.
Tutto il centrodestra si ritroverà in queste candidature e in quelle per i consiglieri comunali e provinciali, con l’obbiettivo di restituire queste terre alle tradizioni di libertà e sviluppo per cui esistono fortissime potenzialità inespresse: le appoggerà con grande entusiasmo, impegno e partecipazione.

Guido Guastalla
Capogruppo Amare Livorno- PDL

Bruno de Finetti, un matematico scomodo.

Il Centro Studi ENRIQUES, la Libreria Salomone Belforte & C., l’Associazione Società aperta – Magna Carta, l’associazione Amici di Bruno de Finetti e Luigi Pirandello.

Sono liete di invitarLa
Sabato 9 maggio 2009 alle ore17,30, in Via della Madonna – Chiesa degli Armeni (g.c.) - fra il 32-34 - Livorno.
Alla presentazione del libro di:
Fulvia de Finetti e Luca Nicotra
Bruno de Finetti Un matematico scomodo.
(Belforte editori librai dal 1805).

Saluto: Giangiacomo Panessa, storico Scuola Normale Superiore di Pisa.
Introduce e modera: Paolo Bussotti, matematico direttore Centro Studi Enriques.

Intervengono:
Guido Guastalla, presidente S.Belforte & C – editori dal 1805.
Fulvia de Finetti, presidente onorario Associazione Amici di Bruno de Finetti e Luigi Pirandello.
Giordano Bruno, matematico Università La Sapienza di Roma.
Giulio Giorello, filosofo della scienza Università Statale di Milano.
Simona Morini, filosofo Università Iuav di Venezia.

Bruno de Finetti, nato a Innsbruck nel 1906 da famiglia italiana e morto a Roma nel 1985, è stato uno dei maggiori matematici del XX secolo, noto in tutto il mondo soprattutto per la rifondazione della teoria della probabilità, secondo la sua originale impostazione soggestivista.
Matematico, statistico, economista e filosofo, de Finetti è sempre stato anche un attento osservatore dei fatti politici e dei problemi sociali del nostro Paese e dell’umanità, fornendo in più occasioni le sue acute e preziose analisi. Per tale sua poliedrica personalità è considerato uno degli intellettuali più originali e autorevoli del secolo scorso. Il suo anticonformismo e il suo desiderio di giustizia, lo resero “un matematico scomodo”. Gli autori hanno immaginato di interrogarlo sui temi quali la religione, l’arte, il futuro dell’umanità, il ruolo della scienza e della matematica nella vita dell’uomo e nella società, la politica, i problemi del lavoro e temi attuali come la mobilità e il valore legale della laurea. Le risposte, ricavate dai suoi libri sono sorprendenti e di estrema attualità.

giovedì 23 aprile 2009


Mentre in Abruzzo il disastroso terremoto ha seminato lutti fra le popolazioni e gravissime distruzioni materiali di immobili e attività produttive, pochi si sono accorti che anche Livorno ha avuto il suo terremoto; fortunatamente non ha provocato lutti e morti, ma i danni materiali presenti e futuri sono e si preannunciano gravissimi, sia per l’economi portuale che per quella turistica della incipiente stagione estiva.
I giornali locali hanno titolato in vario modo, e comunque hanno segnalato che il traffico portuale a causa della frana sulla Fi.Pi.Li. è Ko, che la strada di accesso al porto sarà chiusa per mesi. etc..
Quello che va evidenziato che questo ulteriore episodio di malaffare provocherà danni gravissimi all’economia livornese, sia in entrata che in uscita dal Porto (segnatamente la Darsena toscana) e alle attività turistiche di Tirrenia, gestite e utilizzate in gran parte dai livornesi.
In Toscana come negli Abruzzi le amministrazioni sono state fino ad oggi in mano alla sinistra. La manutenzione della Fi.Pi.Li. è affidata alla Provincia di Firenze (vedi Presidente Renzi, candidato sindaco) e per quanto riguarda la parte di Livorno alla Provincia di Livorno (Presidente Kutufà).
Credo che i livornesi vogliano vederci chiaro, sia sulle responsabilità che sui tempi di ripristino della viabilità e quindi della normalità delle attività economiche.

Guido Guastalla.
Capogruppo Amare Livorno.

Le macchinazioni della sinistra.


Davide Baldi e Giovanni Soggia sono due giovanottoni, di belle speranze e tanta fantasia, poco più che neo-laureati: il primo a Genova (tesi su “regolamentazione del servizio idrico in Italia”), il secondo alla Bocconi.
È questa la coppia che sul sito della sinistra economica al caviale de La voce.info si è letteralmente inventata la “bufala” dello “spreco” di denaro per il referendum. Conti e numeri calcolati a capocchia per costruire la “leggenda-metropolitana” della tassa Bossi di 400 milioni, mettendoci dentro perfino icosti della baby sitter delle coppie che dovranno andar via da casa per recarsi al seggio.
La “balla spaziale” diventata il mantra di Franceschini, Di Pietro e soci è stata partorita il 24 febbraio sul web, ripetuta, cavalcata, passata di bocca in bocca fino a diventare la Verità. Ecco il paradossale “conto della spesa” referendaria secondo i due giovani…“economisti”, che hanno fatto un po’ come quella colf furbetta che presenta ai padroni scontrini del supermercato riciclati. Partiamo dai presunti 400 milioni. Più di un quarto, 127 milioni, sarebbero i costi “indiretti” sopportati dai cittadini secondo questo surreale calcolo: il tempo medio per andare a votare è di 30 minuti; quella mezz’ora vale 3,15 euro (la metà del salario orario “di riserva”); moltiplichiamolo per il numero degli elettori e si arriva ai 127 milioni di euro. I due “scienziati” ci spiegano poi che: le famiglie con figli sono 3 milioni, di queste il 33% non ha nonni a casa, dunque dovrà far ricorso alla baby sitter per andare a votare, costo della prestazione di 4 ore (ma non bastano 30 minuti per arrivare al seggio?) pari a 35 euro.
Totale: 37 milioni di euro in carico alla “tassa Bossi”. E i presidenti di seggio e gli scrutatori? Altro percorso contabile spericolato: valore della giornata lavorativa persa 102 euro, totale altri 37 milioni.
A questo punto ne restano 200 da giustificare.
Tutti costi diretti, dicono loro: presidenti e scrutatori (ma non li abbiamo già calcolati?), forze di polizia, ministeriali, trasporto schede etc.. Per arrivare a 165 milioni.
Un calcolo che però non prevedeva l’accorpamento con i ballottaggi.
Accorpamento che finisce, occhio e croce, per più che dimezzare i cosiddetti costi diretti.
Conclusione: se calcoliamo i benefici dell’accorpamento, se togliamo le baby sitter, il consumo delle suole delle scarpe degli elettori e tutto l’ambaraban inventato dai solerti “economisti” della Voce.info si arriva sì e no a un’ottantina di milioni. Sempre che non si voglia calcolare il danno biologico per i bambini lasciati soli…
Ma a questo penserà il Pm di Italia dei Valori.

Fausto.

martedì 21 aprile 2009

A Gerusalemme si ricorda la Shoah, A Ginevra si celebra il nazislamismo



Oggi in Israele iniziano le solenni commemorazioni della Shoah, secondo il motto:”Ricorda sempre ciò che è stato”.
Oggi in Svizzera. A Ginevra, inizierà la saga dell’odio antiebraico e l’apertura è affidata al presidente dell’Iran Mahmud Ahmadinejad.
L’Europa che minaccia di arrestare generali israeliani per aver fatto la guerra al terrorismo accolgono con tutti gli onori del caso il capo di uno stato che minaccia di distruggere un altro stato -Israele-, membro dell’ONU.
Quest’uomo che impicca donne e gay, che vorrebbe uccidere ogni ebreo nel mondo, organizzatore dell’attentato di alcuni anni fa a Buenos Aires dove morirono nel centro sociale ebraico oltre duecentocinquanta persone,, aprirà la sessione della seconda conferenza contro il razzismo e l’islamofobia in favore e promozione dell’antisemitismo.
Che cosa dire? Complimenti per l’ONU da considerarsi ormai una organizzazione islamo-nazista. Complimenti alla Svizzera che durante la II guerra mondiale accoglieva gli ebrei solo se avevano i soldi, respingendo gli altri, sul confine fra Basilea e la Germania. Un film “La barca è piena”, vincitore dell’Orso d’oro a Berlino, racconta questa infamia contro l’umanità.
Onore invece a quei paesi che hanno rinunciato a partecipare: in primis l’Italia di Berlusconi e Frattini e poi gli Stati Uniti, Olanda, Germania, Nuova Zelanda, Australia, Canada, e Israele.
Inghilterra e Francia, per non venir meno alla nomea di paesi più antisemiti di Europa, parteciperanno: dobbiamo ringraziare il Cielo che non ci sia in Italia un governo Prodi (che abbracciò all’ONU il boia iraniano) di centro sinistra che certamente avrebbe partecipato col suo ministro degli Esteri D’Alema, amico degli Hetzobollah a questa kermesse dell’odio.
Il governo israeliano ha richiamato l’ambasciatore svizzero e il primo ministro Bibi Netaniahu ha dichiarato: “Sei milioni di persone sono state assassinate in Europa che pare non abbia imparato niente. Mentre noi commemoriamo i nostri milioni di morti, loro accoglieranno l’uomo che nega la Shoah e che vuole cancellare Israele dalla mappa del mondo”.
A Ginevra stasera ci saranno manifestazioni di odio contro Israele, a Gerusalemme un ragazzo di sedici anni suonerà un vecchio violino custodito a Yad Vascem e appartenuto a Motele Schlein un piccolo partigiano ebreo di dodici anni, assassinato dai nazisti.
Ognuno ha i suoi valori e i suoi eroi. Noi abbiamo la vita, loro hanno l’odio e la morte.

Guido Guastalla
Assessore alla cultura
Comunità ebraica di Livorno

lunedì 20 aprile 2009

Aiuti israeliani ai terremotati abruzzesi.


Pubblico una bellissima notizia che arriva dai luoghi del terremoto.
Questa toccante vicenda che dovrebbe far vergognare tanta gente(sto parlando di quelli che hanno speculato sul terremoto che poi sono anche quelli che hanno il brutto difetto di presentarci Israele e gli Israeliani come il male assoluto) è stata divulgata da Adkronos e ho avuto la fortuna di leggerla sul Blog Esperimento.

Francesco.


Messaggi di solidarietà e proposte di aiuto sono state inviate anche dallo Stato di Israele, l'ambasciatore di Israele in Italia Gideon Meir ha riferito a radio Gerusalemme che il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha espresso al presidente del consiglio Silvio Berlusconi le condoglianze per le vittime del terremoto che oggi ha colpito l'Italia centrale. E' quanto riferisce il portale dell'ebraismo italiano, Moked. L'ambasciatore ha aggiunto che il ministro degli esteri Avigdor Lieberman resta in contatto con il suo omologo italiano Franco Frattini. Radio Gerusalemme ha detto che mancano ancora notizie aggiornate su alcuni studenti israeliani iscritti all'Università dell'Aquila. Nel frattempo i dirigenti del Maghen David Adom, l'equivalente israeliano della Croce rossa internazionale, in un messaggio alla Croce rossa italiana hanno espresso partecipazione al lutto delle famiglie colpite dal sisma e hanno assicurato di essere disposti ad inviare aiuti, anche immediatamente.

Articolo tratto dal Blog Esperimento.


La Conferenza Onu sul razzismo, aperta in nome del negazionismo


Si apre oggi a Ginevra la Conferenza delle Nazioni Unite sul tema specifico del razzismo, e dei diritti umani in generale.
Il Presidente dell'Iran, Ahmadinejad, sarà l'ospite più importante ed illustre della prima giornata.
Questo fatto ha una forte valenza simbolica se si considera che il presidente iraniano ha ripetutamente negato l'esistenza, la veridicità storica di quello che è stato il più grave atto di razzismo del novecento: l'Olocausto.
Assegnare praticamente l'apertura dei lavori, all'ex pasdaran khomeinista è indice del "clima" che regnerà sovrano durante questa conferenza, e di come i paesi islamici, principali autori del documento che sarà discusso in questi giorni, riescano a trovare una straordinaria unità in nome dell'antisionismo e dell'antisemitismo.
In realtà, se l'obbiettivo principale dei paesi islamici rimane Israele, l'intero occidente rischia di veder pubblicato un documento che vorebbe limitare la libertà d'espressione, di parola e di stampa, presentando qualsiasi critica all'islam come una forma intollerabile di razzismo.
Per questi motivi i governi italiano, americano, tedesco, olandese, australiano,canadese e ovviamente israeliano hanno avuto ragione a disertare questa conferenza.
Sicuramente sarebbero stati in minoranza e avrebbero finito per legittimare posizioni intollerabili, rischio che corrono Francia, Gran Bretagna e Vaticano presenti invece a Ginevra.
La presenza della Gran Bretagna in contrasto con la posizione americana rappresenta una rottura rispetto al recente passato, quando in nome della "special relationship" che li ha sempre legati, i due paesi hanno sempre tenuto posizioni comuni.
A tal proposito, si deve ricordare quando sia Ronald Reagan sia Margaret Tatcher, ritirarono le loro delegazioni dall'Unesco, in quanto quest'organo aveva equiparato il sionismo al razzismo.
Molto probabilmente la posizione britannica è legata a problemi di politica interna.La Gran Bretagna, infatti, ospita al suo interno una niumersissima comunità musulmana, proveniente soprattutto dal Pakistan, che in diverse occasioni ha dimostrato la sua capacità di mobilitazione.
L'esempio migliore dell'efficacia della comunità musulmana, o almeno della sua parte radicale e fondamentalista, a ottenere successi è la legittima 'esistenza, di tribunali che applicano la sharia.
Infine è importante rilevare, come il governo Berlusconi, confermandosi l'esecutivo più vicino a Israele della storia della Repubblica, sia stato tra i primi e più decisi sostenitori del boicottaggio.
Al contempo, se ovviamente non stupisce il silenzio sulla vicenda della sinistra "orgogliosamente comunista" da sempre sostenitrice dell'equiparazione sionismo uguale a razzismo, colpisce il silenzio del Pd.
Una sinistra che vuole essere moderna, europea,credibile, non può su un tema come questo non condividere la scelta del governo.

Alessandro

venerdì 17 aprile 2009

Lo strano caso del dottor Santoro.



Il caso "Anno zero" continua ad alimentare polemiche. Oggi dovrebbe esserci una decisione della Direzione RAI, ma al massimo finirà come in passato; qualche richiamo scritto, una dichiarazione di solidarietà alla Protezione civile, un invito ad una maggiore obiettività. Insomma, fuffa. E tutto resterà come prima. Il perché è presto detto. Pare che il dott. Santoro sia un caso unico nella storia della televisione. E' dipendente RAI a tempo indeterminato (con il modico compenso annuo di 375 mila euro), ma invece che essere assunto come "giornalista", lui, contrariamente a tutti i colleghi, ha la qualifica di "Direttore". Ancora caso unico nel panorama RAI, e ancora diversamente da tutti i giornalisti e conduttori RAI, non risponde al direttore di rete, ma solo alla Direzione generale. Non basta; per quanto riguarda il rispetto delle norme della "par condicio", non è in carico alla rete in cui va in onda, RAI2, ma è assimilato al TG3 diretto da Di Bella. Ora, qualunque persona normale si chiederebbe perché lui è "direttore" e gli altri sono "giornalisti", perché tutti rispondono ad un direttore di rete e lui solo alla Direzione generale, e, per usare un termnine caro al suo ispiratore D Pietro, che "c'azzecca" un programma su RAI2 con il telegiornale di RAI3. Domande legittime alle quali è arduo trovare risposta, ma che danno un'idea chiarissima dell'anomalia Santoro all'interno della struttura RAI. Leggo proprio in questo momento sui quotidiani on line che l'unico provvedimento assunto riguarda la sospensione cautelativa della collaborazione del vignettista Vauro. Il resto come già detto: fuffa. Non è una questione di libertà di informazione, come cercano di farla passare. E' una questione più complessa, anomala, che meriterebbe maggior attenzione ed una decisione chiara e precisa, una volta per tutte. A lamentarsi della faziosità di Santoro, infatti, non è la solita destra, i suoi esponenti ed i quotidiani di riferimento. No, ogni sua puntata ha suscitato sempre polemiche anche aspre. Basta ricordare la puntata sui bambini di Gaza, quando l'Annunziata (che in quanto a faziosità non è da meno di Santoro) abbandonò gli studi proprio dopo aver denunciato l'eccessiva faziosità della puntata, a senso unico e completamente a favore dei palestinesi. Tanto che ci fu una protesta scritta alla RAI da parte della comunità ebraica di Roma. Ma sarà il caso di ricordare anche una puntata su Napoli che suscitò le ire del sindaco Rosa Russo Iervolino che, senza mezzi termini, definì il giornalismo di Santoro come "sciacallaggio televisivo". E la Iervolino è di sinistra, non certo berlusconiana. E ancora da sinistra arrivano altre considerazioni. Enzo Carra afferma: "Santoro è un cannibale: la sua tv è sale sulle ferite.". Paolo Gentiloni sulla puntata dice: "Ha sollevato molte critiche non perché abbia indagato su responsabilità e ritardi, come è giusto fare, ma per il modo in cui ha condotto un vero e proprio processo sommario contro le forze impegnate in prima linea e con successo nell'opera di soccorso". Lo stesso segretario del PD Dario Franceschini ha dichiarato di non gradire quel tipo di programma. Beh, se anche a sinistra lo criticano e mal digeriscono il giornalismo "Made in Santoro", qualche motivo deve pur esserci. No? Oggi, sul Coriere.it, Bruno Vespa afferma: "Se io avessi fatto programmi come i suoi da molto tempo avrei dovuto abbandonare la Rai - scrive Vespa -. Santoro risponde al direttore generale, mentre io rispondo al direttore di rete.". Dice bene Vespa. E non solo lui. Chiunque usasse la televisione come usa fare Santoro sarebbe stato già cacciato da tempo. A prescindere dagli schieramenti politici. Un altro esponente politico della sinistra, Giorgio Merlo del PD, si chiede: "Annozero di Michele Santoro ha una deroga particolare dalla Rai, o un contratto particolare, rispetto ai criteri che ispirano il servizio pubblico nel nostro paese?» si chiede, definendo «incredibile» la trasmissione di Annozero sul terremoto in Abruzzo. Santoro «può dire e può fare ciò che vuole, contro chi vuole e a danno di chi vuole a prescindere?". Qualcuno dovrà pur rispondere, prima o poi, a questa semplice e chiarissima domanda. Ma allora perché non si riesce a venire a capo dello strano caso del dott. Santoro? Semplice, perché, come apprendiamo dalla stampa, il giornalista, anzi il "Direttore" Santoro, è stato reintegrato in RAI, con le stesse competenze e norme contrattuali precedenti alla sua sospensione, con sentenza di un giudice che non solo ne ha imposto la riassunzione, ma ha anche stabilito che il nostro "Direttore" deve avere un "suo" programma ed in prima serata. Insomma, Santoro deve restare in RAI, a fare e dire quello che gli pare. senza controlli, limiti e confini "Per legge". Ed anche in questo caso è unico al mondo. In verità, ad essere onesti, non è propriamente un caso unico. C'è un altro caso, quello del "dittatore" venezuelano Chavez il quale, molto rispettoso del pluralismo dell'informazione, anni fa ha chiuso le reti televisive private per lasciare solo quelle governative, dove lui, per decisione del governo (cioè sua), la domenica mattina, tiene un programma tutto suo dove racconta il mondo "Visto da Chavez", lancia accuse contro tutti i veri o presunti nemici del popolo venezuelano (ovvero, i suoi avversari politici), racconta barzellette ed amenità varie. Beh, ma è risaputo, lui si dichiara socialista. Ed i socialisti e i "sinistri" in genere, anche questo è risaputo, hanno una strana idea del pluralismo. Tutti hanno diritto di esprimersi, purché...siano compagni. Il che non è che un'applicazione del celebre motto del loro padre spirituale Stalin, il quale usava dire ai suoi collaboratori: "Potete esprimere liberamente le vostre idee, purché siate d'accordo con me". Ecco, basta saperlo e adeguarsi. In definitiva, quindi, Santoro non è un caso unico, è in buona compagnia. Sono solo due persone al mondo ad essere in televisione "Per legge:"Santoro e Chavez". Traete voi le conclusioni...

Articolo Tratto dal Blog di Giano.
http://torredibabele.blog.tiscali.it

mercoledì 15 aprile 2009

Morire per la libertà d'espressione.



"Cos'è la libertà?. Non lo so, ma so che un giorno vedrò la sua ombra scendere sulla mia terra".
Questo è ciò che scrisse Omidreza Mirsayafi nel suo primo post da blogger, nel settembre 2006.
Omidreza aveva un blog di cultura e musica ed era orgoglioso di essere persiano ma, ha commesso il terribile crimine di anelare la libertà.Questo è un crimine che, in tutti i totalitarismi da quello comunista a quello nazista a quello islamista, si paga con la morte.
Omidreza è stato "suicidato" due settimane fà nel carcere di Evin, il carcere di massima sicurezza dove vengono detenuti i nemici di Allah, i cospiratori le spie sioniste e americane.
Nello stesso carcere, l'anno scorso, la giornalista canadese di origini iraniane, Zahra Kazemi, fu massacrata dai poliziotti.
Nella stessa prigione è detenuto Hussein Derakhshan,un blogger,imprigionato con l'accusa di essere una spia sionista perchè dichiarò al Jerusalem Post di voler costruire un ponte tra il popolo iraniano e quello israelieno.
Nelle celle vicine sono detenuti anche l'economista Abbas Khrosandi, colpevole di aver fondato un partito non approvato dagli ayatollah, e Parvin Ardalan, giornalista responsabile di "dichiarazioni antisistema".
Coloro che, in Europa e negli Stati Uniti, in nome di un realismo che spesso diventa una resa suggeriscono aperture incondizionate nei confronti del regime iraniano, dovrebbero riflettere sul destino di persone che, solo per il fatto di esprimere la loro opinione sono incarcerati o uccisi.
Allo stesso modo quegli intellettuali di sinistra che parlano di regime berlusconiano in Italia, dovrebbero vergognarsi perchè sminuiscono il valore della libertà e le battaglie di coloro che per essa arrivano a morire.
Termino il post con una frase di Omidreza:"Vivere nel paese di Khomeini è nauseante, vivere in un paese il cui presidente Ahmadinejhad è una grande vergogna.Vivere in un paese che si fà chiamare Repubblica Islamica è una disgrazia".

Alessandro

sabato 11 aprile 2009

"E lo racconterai ai tuoi figli"

Questa storia è stata tramandata oralmente di padre in figlio per secoli e ha visto la luce attraverso la penna del Dr. Leon Cohen Bello, un discendente di ebrei che vivevano in Spagna (Sefarad).
Oggi è il giorno 16 della luna nuova di marzo. La luna è ancora alta, i rumori della notte sono ancora sussurri, che esploderanno all'alba. Io, Don José Manuel de la Santa Trinidad Mejia y Rojas, contemplo la notte che sta partorendo il giorno della Pasqua ebraica.
Il mio nome non è casuale, dal momento che trascino quelli che furono imposti ai nuovi cristiani, più el Rojas, una inversione delle lettere di SAJOR (nero, in ebraico), e Mejia che è una derivazione di Messia, però questa cosa è molto nascosta e molto privata, altrimenti la disgrazia cadrebbe su di me e sulla mia amata famiglia.
Appartengo a quelli chiamati “marrani” dalla santa Chiesa, e devo fare tutto il possibile per dimostrare la mia fede cristiana. Di fatto mio fratello frate Pedro apostolo Rojas y Mejías è sacrestano, ed è quello che si è sacrificato di più, giacché non solo deve vivere una vita di ipocrisia e di negazione della sua fede, ma si è anche condannato ad essere un tronco senza frutti e senza semi per l’”onore” della sua chiesa.
Oggi dovrò andare a messa con i miei, e vedrò mio fratello quando metterà l’ostia nelle nostre bocche, sapendo che lo facciamo spinti dalle circostanze, poiché ne va della nostra vita.
Poi Pedro verrà a dorso di asino fino al podere, e presso la riva del fiume colpiremo le acque con bacchette di salice, ricordando il nostro patriarca Mosè nel deserto.
Non so bene perché lo faccio, ma c’è qualcosa di molto profondo in me che mi porta a farlo. Forse sarà il rispetto per i miei antenati. Però no, è qualcosa che nasce da me più che da loro, per amore, più che per dovere.
Ho un podere dove faccio carne salata e conciatura di cuoio. Poiché ho bisogno di molto personale, sono solito frequentare le aste di schiavi. Lì il mio servo, il mulatto Lucas, di cui nessuno potrebbe sospettare un’origine marrana (infatti non ce l’ha), si avvicina a guardare quei poveri sventurati, e fingendo di ispezionare bocca e udito dice loro a bassa voce lo “shemà Israel” (ascolta Israele), al che molti rispondono attoniti e confusi per l’emozione.
Questi sono gli schiavi che compro per la mia azienda, e specialmente quelli portati dal Portogallo e dal Brasile rispondono positivamente alla parola d’ordine.
Oggi, notte di Pasqua, tutti questi “schiavi” che lavorano con me sanno che saranno liberati da ogni impegno, perché dopo aver narrato della nostra schiavitù in Egitto diremo:
Ora siamo liberi! Benché sappia che ancora non lo siamo, “compero” anche dei gruppi che i pirati vendono senza passare per alcun mercato, e questi sono quelli sospettati di giudaizzare che venivano portati davanti al tribunale della Santa Inquisizione di Spagna e che i corsari catturano in alto mare. Per poter affrontare questi “acquisti” mi aiutano membri della famiglia Sacerdote (Cohen) e Viel (inversione di lettere di Levi), che si trovano nella mia stessa condizione.
Durante la settimana bruciamo molta farina nei forni perché nessuno sospetti che non mangiamo pane, mia moglie ha fatto “scivolare” fra tante infornate qualche tavoletta di “pane magro” che ha poi ritirato senza farsi vedere e conservato gelosamente nella cantina della casa, allo scopo di avere matzà (pane azzimo) per la notte.
Io mi occupo personalmente del gregge di agnelli, per il quale scelgo animali senza alcun difetto, prendo coltelli senza tacche e dopo averli uccisi metto la carne in acqua e sale senza dimenticare di strisciare, “come per distrazione”, i coltelli insanguinati sugli stipiti delle porte, come facevano i miei antenati. Vorrei accompagnare questo con le benedizioni appropriate, ma non le ho mai sapute. Spero che le mie preghiere siano udite ugualmente.
Già si avvicina l’ora della cena. Pedro cerca nel doppio fondo del cappuccio un libro molto antico che io non so leggere, ma mio fratello sì, e l’ha a sua volta insegnato a mio figlio. Mando Lucas al pozzo, e con il pretesto di versare calce, scende col sacco fino alla seconda scala dove è nascosta una coppa lavorata, uno scialle di preghiera e delle piccole calotte con la stella di David.
Ho anche un pezzo di pergamena che ho trovato in una vecchia cassa di famiglia e poiché credo che sia scritto in ebraico lo tengo nascosto finché non me lo tradurranno. Scendo in cantina. L’odore forte dei cuoi e del “charqui” mi impregna le narici, e la tavola della salatura è coperta da una tovaglia di lino bianco, la coppa splendente piena di vino e il pane della povertà di fronte alla sedia a capotavola.
Abbiamo tutti paura e angoscia, mio fratello Pedro è trasformato, gli brillano gli occhi perché sta piangendo, il mio figlio maggiore con una kippà rossa mi guarda con amore e timore.
Ahi, figlio! Se potessi proteggerti dal rischio a cui ti espongo! Ma so che non posso, per cui mi assale la colpa. Questa svanisce all’udire parole che non comprendo, ma con una melodia che risveglia in me ricordi di esperienze che non ho vissuto.
Mio figlio si alza e canta alcune poche frasi in una lingua sconosciuta a me e ai miei invitati. Ciononostante all’udirla tutti cominciamo a piangere. Mio fratello – oggi, senza il suo crocefisso, sembra liberato da un giogo oppressore – si alza, mi copre con il vecchio scialle con le frange che ignoro a chi sia appartenuto, ma nell’avvolgermi in esso sento uno strano calore in tutto ilmio essere.
D*o onnipotente, perché non possiamo sentire questo sempre? Perché dobbiamo mentire ogni giorno sulla nostra fede? Quanti di noi seguiranno le tue vie e quanti si allontaneranno per sempre dal tuo sentiero? Volesse il cielo che potessi vedere un futuro popolato di fratelli che si mostrano liberamente come ebrei, figli del tuo popolo eletto.
Ci invade il silenzio. Tutti piangiamo in questa festa, che dovrebbe essere di allegria per la libertà raggiunta. Chiedo a mio fratello che mi traduca la vecchia pergamena. La stende e con difficoltà legge le lettere che il tempo cancella. Ma il loro contenuto risalta, e legge ad alta voce.
Avadim ahinu ve atá bnei chorim, baruch atah adonay eloheinu, sheecheianu ve kimanu ve higuianu la zman hazéh. Fummo schiavi e ora siamo liberi, sii benedetto che ci permettesti di vivere per giungere ad avvicinarci a questo momento.
Voglia D*o che in un futuro non lontano i miei figli e i loro figli possano vivere una pasqua in libertà, così sentita come questa “nostra pasqua marrana”.
(traduzione mia)

HAG PESACH SAMEACH



e ... l’anno prossimo a Gerusalemme!
tratto da il blog di barbara

venerdì 10 aprile 2009

Le menzogne della sinistra.


La bagarre in Consiglio comunale nella quale mi sarei trovato coinvolto, mio malgrado, non rende giustizia delle mie posizioni. Mi riprometto di scrivere in modo più meditato una nota sul tema della multietnicità e della multiculturalità.
Per il momento ribadisco che a Livorno non si vede la necessità di costruire una grande moschea con centro culturale islamico annesso, che sarebbe necessariamente nell’orbita dell’UCOII, l’organizzazione islamica legata ai Fratelli musulmani e alle tendenze estremiste, fondamentaliste e wahabite. E questo lo dice qualcuno che appartenendo ad una minoranza e molto sensibile ai diritti delle altre minoranze
Purtroppo i comunisti, di cui l’attuale sinistra è una erede scadente, non hanno mai compreso a livello socio-antropologico i complessi problemi millenari delle civilizzazioni: il vero oppio dei popoli non erano le religioni che loro volevano combattere ma la loro ideologia prima marxista e poi terzomondista, quella tanto per intendersi che vuol sostituire le diversità e le particolarità col totalitarismo dell’homo novus o sovieticus o terzomondista.
Inoltre la loro abitudine a raccontare menzogne, cioè a fare cose affermando propositi diversi, non ci lascia per nulla tranquilli: se questo si accompagna alla confusione politico-programmatica di cui la giunta dà prova in questi ultimi tempi la situazione non è delle migliori. Un altro buon motivo per mandarli a casa

Guido Guastalla. Capogruppo Amare Livorno.

giovedì 9 aprile 2009

Haggadah Di Sarajevo.


In occasione della Pasqua voglio segnalare un libro davvero molto bello che ho avuto la fortuna di leggere l'anno scorso.
Si tratta de “I custodi del libro” di Geraldine Brooks.
In esso sono narrate le complesse vicende della famosa Haggadah di Sarajevo, un Antichissimo Manoscritto Ebraico che è stato ritrovato durante la tragica Guerra Civile Serbo-Bosniaca e che oggi si trova custodito nel Museo Nazionale di Sarajevo.
L’Haggadah, semplificando, è una pubblicazione che racconta l'Esodo del Popolo Eletto dall'Egitto dei Faraoni.
Essa viene usata durante il rituale del Seder di Pesach.
Dunque si tratta di "libricini" che, proprio a causa dell’uso a cui sono destinati, vale a dire “accompagnare” la preghiera durante la cena di Pasqua, sono molto semplici, privi di immagini e spesso in edizione economica.
Invece l’Haggadah di Sarajevo presenta subito alcune peculiarità davvero molto interessanti.
Innanzitutto è un manoscritto molto antico e dunque la scrittrice, nel suo bellissimo libro, ci svela il motivo per cui questa opera è arrivata intatta fino ai giorni nostri.
Inoltre non si possono trascurare il suo immenso valore artistico e il suo inestimabile valore economico.
Ma soprattutto non può passare inosservato il fatto che contenga bellissime e pregiatissime miniature, le quali contribuiscono in modo determinante a renderla un’opera unica.
E se poi si tiene conto anche del fatto che la celebre Haggadah di Sarajevo risale al XV° secolo, vale a dire a un periodo in cui la fede giudaica condannava nella maniera più assoluta ogni genere di illustrazione, si capisce subito che ci si trova di fronte a dei misteri davvero molto interessanti.
E in mezzo a questi mille misteri viene fuori l’abilità della scrittrice.
Infatti Geraldine Brooks, in questo coinvolgente e spettacolare romanzo storico, ci svela tutti i complicatissimi retroscena legati a questo affascinante manoscritto.
Il libro è un lungo viaggio nel tempo che parte dalla Spagna del 1400 e arriva fino all’ ultimo conflitto nella Ex-Jugoslavia, passando per la Venezia del 1600, la Vienna di fine 800, la Jugoslavia durante e subito dopo la Seconda Guerra Mondiale e racconta le travagliate vicende di un manoscritto sfuggito in diverse occasioni alla follia distruttrice degli uomini.
Tuttavia esso ci porta anche a riflettere su un periodo storico, ormai molto remoto, nel quale le varie Religioni convivevano fianco a fianco, con spirito di tolleranza e nel rispetto reciproco, situazione del tutto inimmaginabile ai giorni nostri.
Mi preme infine insistere su due aspetti che la scrittrice è stata bravissima ad evidenziare.
Innanzitutto il fatto che per ben 2 volte sono stati dei bibliotecari musulmani a salvare il libro.
Ed inoltre anche il profondo antisemitismo, che nel nostro Continente, purtroppo, ha radici antichissime.

Francesco.

martedì 7 aprile 2009

La rivoluzione di Taradash


A Livorno lo chiamano già "l'uomo della riscossa". Quella che nella città dove è nato il Pci - era il 21 gennaio 1921 e al Teatro Goldoni si consumava la scissione della Frazione Comunista dal Partito Socialista - il centrodestra attende, rincorre, sogna da sessant'anni. Traguardo tutto salita, non c'è che dire, perché lo "zoccolo duro" ha ancora una radice ben piantata nella società (in termini di consenso e di tradizione culturale) e perché il centrodestra è fermo al 24 per cento delle amministrative 2004.
Eppure è altrettanto vero che la roccaforte rossa dove la gestione del potere è stratificata tra porto, municipalizzate e urbanistica mostra crepe e scricchiolii... sinistri. E la "cartina di tornasole" è tutta nel puzzle di candidature che nel centrosinistra si va componendo, con due ex Pd in campo l'uno contro l'altro e Rifondazione che, forte del suo 10 per cento, resta determinante per i democratici.
E' qui che Marco Taradash raccoglie e rilancia la sfida del Pdl per la conquista del Comune. La sua candidatura a sindaco, ufficializzata sabato e voluta fortemente dai vertici nazionali e toscani del partito con Matteoli e Verdini in testa, è la chiave per andare all'assalto della fortezza post-comunista e garantire il governo dell'alternanza.
Livornese doc, giornalista, una lunga militanza politica di rilievo nazionale prima con i Radicali (europarlamentare), poi in Forza Italia (deputato), nel 2005 ha fondato insieme a Calderisi, Della Vedova e Palma il movimento dei "Riformatori liberali", saldamente collocato nell'alveo del Popolo della Libertà. Affronta la "battaglia" con l'elmetto in testa, cioè con la caparbietà che serve per "dare alla mia città un futuro diverso, per rompere il muro che qui la sinistra in sessant'anni di giunte monocolore ha tirato su, controllando ogni ganglio della società". E con la stessa determinazione non nasconde l' obiettivo: "Io corro per vincere". Sul suo nome fa quadrato anche la Lega oltre alle forze che compongono il Pdl, mentre l'Udc deve ancora decidere se stare in coalizione o presentare un roprio candidato.
Dovrà vedersela con il sindaco uscente Alessandro Cosimi, al primo mandato (cinque anni fa prese il 55 per cento) e per questo "risparmiato" dal passaggio alle primarie, come da statuto Pd. Ma nel campo del centrosinistra c'è un outsider che potrebbe rosicchiare consensi ai democratici e che dai democratici proviene: è l'ex sindaco Gianfranco Lamberti, sceso in pista alla guida di una lista civica in aperto contrasto con la linea dei suoi (ex) compagni.
C'è poi il rebus Rifondazione: se il partito di Ferrero decidesse di correre da solo, per Cosimi le cose si complicherebbero. Ed è per questo che dai ranghi democratici è scattato un corteggiamento serrato ai comunisti "duri e puri", molto probabilmente destinato a tradursi in un accordo elettorale che si tiene solo sulla conservazione del potere, visto e considerato che alle precedenti amministrative i rifondaroli scesero in pista con un candidato alternativo a Cosimi.
Sono tre le ragioni che Taradash argomenta per spiegare chi glielo ha fatto fare. "C'è un motivo altruista - spiega il candidato per il centrodestra - nel senso che i partiti e tantissimi cittadini mi hanno sollecitato a candidarmi in una città che ha bisogno di una novità importante per sfidare il potere rosso. C'è un motivo egoistico: a me piacciono le elezioni dirette, la politica che nasce dal contatto reale e diretto con la gente, senza troppe intermediazioni dei partiti. C'è un motivo oggettivo: la necessità di voltare pagina, quello che Obama chiama "change", cioè di un cambiamento reale nella classe dirigente perché in sessant'anni le incrostazioni di potere frenano sviluppo e futuro, producendo una gestione soffocante che finora ha represso gli istinti vitali che fanno parte dei livornesi e della città".
Legge la partita delle amministrative come una "sfida aperta", nonostante il modesto trend del centrodestra e ne coglie un aspetto in particolare quando dice che si tratta di una "sfida politica ma pure culturale per dare ai cittadini la possibilità di una scelta reale, di un'alternativa concreta.
Io cerco di proporla". Sì ma come? "Intanto affermando i principi del centrodestra, la fiducia nelle energie individuali, l'ottimismo. Eppoi attraverso una visione diversa del ruolo dell' amministrazione comunale, che deve essere ricondotto alle sue funzioni reali: offrire servizi e non gestire le scelte di fondo della società".
Concetti che tradurrà nel programma elettorale secondo "uno schema essenziale e pragmatico" dice Taradash per il quale occorre lavorare molto sulla "valorizzazione delle capacità imprenditoriali e di lavoro della città, perché qui il Comune ha un ruolo centrale, c'è una stretta relazione tra attività pubbliche e private, la maggior parte dell'economia passa dal porto. L'altro obiettivo è limitare fortemente l'apparato burocratico e le distorsioni della mano pubblica".
Squilla il telefonino e il ragionamento si interrompe. Dall'altra parte c'è un livornese che gli urla "Dè, Marchino, siamo tutti con te, stavolta ce la giochiamo". Taradash sorride e risponde: "Sono pronto, e voi?".

Articolo di Lucia Bigazzi tratto da l'Occidentale

lunedì 6 aprile 2009

Livorno non è un isola felice


Appare strano che un filosofo, Iacono, e un sociologo, Salvini, si accorgano solo oggi che Livorno non è più un’isola (felice), ma un luogo dove è avvenuta una mutazione antropologica che ha lasciato per strada quei legami che ci fanno comunità.
Il problema è, cari professori, che questo immaginario paradiso terrestre, che l’ideologia progressista (non chiamiamola più marxista) ha proiettato su Livorno, la Toscana e le altre città e regioni governate dal PCI e dalla sinistra non è mai esistito. E tanto meno è accettabile l’ipotesi di Zucchelli per cui si potrebbe ipotizzare “un ristrettissimo club filo-destra che ha attaccato il cuore del Potere rosso diventando potente dopo il commissariamento dell’Autority (deciso dal ministro Lunari e sponsorizzato dal ministro Matteoli)”.
Questa visione nasce dalla pretesa “superiorità” e “diversità”morale di berlingueriana memoria, per cui i comunisti sono intrinsecamente portatori di una morale dell’onestà, della rettitudine, del buon governo, mentre gli esseri umani appartenenti ad altri schieramenti sono antropologicamente inferiori, peccatori e dediti al male affare. Ma dove è finito il realismo di Marx? Al confronto sono più realiste le religioni che, come l’ebraismo e il cristianesimo, predicano il bene sapendo però che gli uomini sono peccatori, dediti al male ,degni di punizione e di essere ricondotti continuamente verso il bene.
Che questa visione ideologica, astratta e incapace di cogliere la realtà dell’uomo, abbia prodotto disastri inimmaginabili nel corso del secolo breve e che continui a produrne ove è ancora al potere non turba i sogni e i sonni dei nostri professori e di tanti altri.
I liberali, al contrario, sanno che l’uomo è un legno storto (Kant), per cui, se non è sottoposto a controlli, con l’ avvicendamento nelle classi dirigenti attraverso i meccanismi del ricambio politico e il voto delle società democratico-liberali, è inevitabile che si verifichino episodi e deviazioni permanenti di corruzione e di mal governo.
Livorno non fa eccezione. Qualcuno ricorderà gli intrecci incestuosi fra maggioranza locale e potere nazionale già agli inizi degli anni Sessanta. Senza far nomi, quali rapporti ci fossero fra partiti e potentati economici soprattutto nel settore edilizio: ma come si pensa che venissero pagati gli stipendi di decine di funzionari di partito? Con le Feste dell’Unità e le salamelle e le patatine fritte? Cerchiamo di essere seri. Di quel periodo (fra il 1961 e il 1969) ho dei ricordi ancora freschissimi nella memoria che sfido qualcuno a contestare. Eppure erano i tempi di grandi e onesti(a livello personale) amministratori come Badaloni, Raugi, Giachini e Nannipieri.
Ma per venire ai giorni nostri: da chi era stato nominato e per quale motivo Lenzi alla Porto Livorno 2000? Certamente non da un uomo del centro-destra, ma sicurameente in buona fede, dall’allora presidente della Port Autority. Naturalmente fu una decisione di Lenzi di rimanere presidente della prima e commissario della seconda, per cui si trovò nella condizione di controllato e controllore. Ma se è potuto accadere quello che è accaduto le responsabilità (culpa in vigilando) sarà di coloro che questo ruolo, fra l’altro ben remunerato, avevano, così come la colpa degli eventuali colpevoli (i reati penali sono sempre personali) e non certamente dei politici tirati in ballo senza motivo, oppure per motivi ben comprensibili di speculazione politica.
La realtà vera è che in 60 e più anni di potere assoluto e senza ricambio, a questa classe dirigente di stampo sovietico, inamovibile, è venuta come una vertigine degli abissi, e una sensazione per cui qualunque comportamento, atto o iniziativa fosse lecito e immune da sanzione penale.
Livorno oggi, come qualsiasi altra realtà, ha bisogno di cambiare, di spezzare un rapporto incestuoso fra potere locale, potere portuale, cooperative rosse. E’ solo da questa liberazione che l’economia può riacquistare quella libertà, al di fuori di monopoli nocivi, che potrà consentire di riprendere il cammino verso lo sviluppo e la creazione di ricchezza e benessere per l’intera cittadinanza.

Guido Guastalla Gruppo consiliare Amare Livorno