lunedì 30 novembre 2009

E` giusto salvare Shalit Gilad a qualsiasi costo?

Il governo israeliano da alcuni mesi sta`trattando per il rilascio del giovane caporale Shalit Gilad,rapito nel giugno del 2006 da Hamas, ed in cambio sembra pronto a rilasciare circa 980 carcerati palestinesi tra i quali sono inclusi assassini e terroristi.
In realta`, la trattativa sembra ruotare tutta intorno a quattro persone (Ibrahim Hamad,Abdullah Barghouti, Abbas Asayeb e Ahmed Sa'adat) che Hamas vuole assolutamente e che Israele ha forti difficolta` a rilasciare.
I quattro sono alcuni tra i principali responsabili del bagno di sangue che avvenne in Israele tra il 200 e il 2003, in seguito a una lunga serie di attentati suicida.
Nello specifico, Hamad (leader dell`ala armata di Hamas a Ramallah) e` in carcere, perche` nel 2004 uccise una donna israeliana incinta di otto mesi e i suoi 4 figli di 11, 9, 7 e 2 anni.
Abdullah Barghouti, figlio di Marwan Barghouti, e` lo stratega che preparo` le cinture esplosive usate dai terroristi suicida per provocare almeno 4 stragi nei primi tre anni del nuovo millennio.
Abbas Asayeb organizzo` l`attentato suicida al Park Hotel di Netanya che costo` la vita a 29 persone.
Ahmed Sa'adat, l`unico non appartenente ad Hamas, e` il leader del fronte per la liberazione della Palestina, ed e` in carcere per aver assassinato nel 2001 Rehavam Ze'evi, ex ministro al turismo.
Inevitabilmente l`eventualita` di un loro rilascio preoccupa e divide l`opinione publica israeliana.
In particolare, due sono le obiezioni che vengono mosse al governo israeliano.
Una e`di natura “morale”, in quanto rilasciare questi terroristi significa infliggere una nuova ferita alle persone vittime degli attentati o che in essi hanno perso dei cari.
L`altra riguarda la sicurezza d`Israele.
Legittimamente, infatti, ci si chiede se rilasciare questi strateghi del terrore non comporti la possibilita` che scoppi una terza intifada,(secondo alcuni commentatori gia` pronta a verificarsi a causa della lotta di potere tra Hamas e Al Fatah) con una nuova raffica di attacchi terroristici in tutto Israele.
Inoltre l`accettazione dello scambio sara` presentata da Hamas come una vittoria,cosa questa che ne` favorira` l`espansione nella societa` palestinese.
Infine, l`accordo potrebbe spingere i terroristi a compiere ulteriori rapimenti di soldati e cittadini israeliani.
In una qualsiasi altra democrazia la questione molto probabilmente non si sarebbe nemmeno posta, perche` in una situazione normale nessun stato cederebbe ad un simile ricatto.Israele invece deve affrontare la questione perche`e` uno stato sempre minacciato di estinzione da parte dei vicini.
Uno stato, una societa` in tali condizioni, non puo` fare a meno della coesione del suo esercito e tantomeno puo`rischiare che si diffonda la convinzione che i soldati vivi o morti possano essere lasciati nelle mani del nemico.
Molto probabilmente, la diffusione di questa concezione, sarebbe l`inizio della fine per lo stato d`Israele.
A questo aspetto ne va poi aggiunto anche un`altro di natura "filosofico-ontologica".
La contrapposizione tra Israele e l`islamismo sia esso espresso attraverso gruppi terroristici (Hamas Hezbollah), stati (Iran) e/o reti transnazionali (Fratelli Musulmani) e` soprattutto una contrapposizione tra due concezioni dell`uomo,della vita del mondo. Da una parte il movimento islamista che fonda, o sogna di realizzare, societa` chiuse basate sul terrore e sull`odio, dove alle persone viene instillato un valore che va contro la natura dell`uomo qual`e` l`amore per la morte.
Dall`altra una societa` aperta basata sull`amore per la vita, la tutela dei deboli, l`impegno a dare un futuro ai propri figli.
Israele,proprio perche` e`ben consapevole di cio` non puo` lasciare che i propri figli siano abbandonati agli islamisti, nemmeno quando questo comporta sacrifici incredibili.
Non puo` farlo nemmeno se, come ricorda oggi Pierluigi Battista sul Corriere, cio` comporta rilasciare in quasi trent`anni 7000 detenuti arabi molti dei quali implicati in atti di terrorismo per riavere "solo" 14 soldati o i loro resti.

Alessandro Bertonelli

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