lunedì 14 settembre 2009

Etica e Fede sono la risposta di lungo periodo alla crisi economica



Il Tirreno, ha affrontato il tema della crisi economica economica e finanziaria globale e i suoi riflessi sulla Toscana con un editoriale del Direttore, un reportage di Lancisi, e un commento del prof.Volpi. Molte di quanto scritto e` condivisibile, ma forse non e` stato dato abbastanzanza rilievo al rapporto tra etica fede ed economia.
Non c’è dubbio che “la traversata del deserto che ci porterà alla ripresa è prevedibilmente lunga e pesante”; il rischio però è che qualcuno il deserto non riesca a traversarlo per arrivare nella terra promessa e perisca in mezzo al guado. Mi riferisco in particolare alla Toscana e a Livorno, dove la crisi sta colpendo in modo durissimo e dove la chiusura o il passaggio di proprietà di aziende storiche non mette in moto un processo virtuoso di innovazione e di nuove prospettive strategiche di sviluppo e occupazione. Non credo neppure che valga la giustificazione che le multinazionali “sfuggono completamente al confronto con le amministrazioni locali”; è necessario interagire, affrontare i problemi, creare condizioni favorevoli per il mantenimento e/o l’arrivo di nuove attività produttive, avere una capacità sistemica di collocare lo sviluppo nel quadro complesso del mondo in cui viviamo.
Lancisi ci parla di una Toscana che corre, che, controtendenza, innova, si adegua, diversifica i prodotti, cambia pelle: è la risposta degli animal spirits per cui il capitalismo non è mai in crisi ma è esso stesso la crisi, un equilibrio instabile che modifica continuamente i termini della realtà e si adegua ai cambiamenti, governandoli.
Il prof. Volpi ritiene che la scelta di Tremonti di difendere famiglie ed imprese, rinunciando a riforme strutturali sia di corte respiro e trova generici e poco concludenti gli appelli, ripresi anche nel discorso del Meeting di CL a Rimini, ad un grande “cambiamento di natura culturale e persino spirituale”, ritenendo che l’etica e la politica abbiano “poco a che fare con l’individuazione di soluzioni reali per uscire dalla crisi”. La discussione su questo tema è molto complessa, e non è possibile svilupparla qui in modo compiuto; non mi sembra però che il ministro Tremonti sia un cattiva compagnia: da papa Benedetto XVI al Tony Blair del discorso di Rimini agli interventi di economisti e politici del centrosinistra come Salvati e Ranieri.. Dahrendorf a proposito della “terza via” di Antony Giddens e del New Labur parlava di “cerchio incantato”, di un progetto cioè che aveva permesso di saldare sviluppo economico e coesione sociale. Chi ha avuto modo di ascoltare il discorso di Blair a Rimini, interrotto di continuo da standing ovations da parte dei quindicimila presenti, è rimasto fortemente impressionato dagli accenni meta-economici di natura etico-politico religiosa che lo hanno caratterizzato. Una citazione :”Basta osservare la crisi finanziaria per capire che la ricerca del massimo profitto a breve termine, senza il giusto rispetto per il bene comune, è un errore che non conduce né al profitto né al bene”. Il senso del discorso è che: “Senza Dio, l’uomo non sa dove andare, e non capisce neppure chi è”. Evidenti ed espliciti i riferimenti alla recente enciclica “Caritas in veritate”.
Mi sembra una posizione convergente con quella espressa da Tremonti :”Chi non sa difendere le proprie idee ha già perso la sfida del confronto con gli altri…Un continente che parla con una sola voce di economia, ma non di valori spirituali, è un’entità solo nominale…Questo è un segno di decadenza, molto più degli indicatori di sviluppo dell’economia. L’uomo ridotto ad una scheggia di PIL”. (“La paura e la speranza”).
Abbiamo scambiato gli interessi con i valori, l’avere con l’essere, i mezzi con i fini, il consumismo con l’umanesimo. Credo che usciremo correttamente dalla crisi solo se sapremo rimettere i fattori della società umana nel loro corretto rapporto: l’etica, la fede, le religioni non si aggiungono al mondo ma sono la risposta alle attese del mondo. E’ il motivo per cui nonostante la crisi, e forse proprio perché c’è la crisi quelle forze politiche che non ne tengono conto sono destinate a non raccogliere il consenso degli elettori e quindi ad una sconfitta duratura.

Guido Guastalla

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