martedì 26 maggio 2009

La casta di Livorno e il porto

Livorno è il luogo del tempo che non passa; dopo cinque anni dal giugno 2004, nel maggio 2009, cinque anni dopo, alla stazione marittima è andato in scena lo stesso copione. Cinque anni fa il sottoscritto cercò di mettere in discussione il fronte del porto livornese costituito dalla Compagnia lavoratori portuali, dalla amministrazione comunale, dalla Port Autority, con l’appoggio delle cooperative rosse (coop Italia, porta a mare, attività immobiliare e chi più ne ha più ne metta). Su questi temi cruciali per il presente e soprattutto il futuro di Livorno mi sono battuto in campagna elettorale e per i cinque anni del mio mandato in consiglio comunale e continuo a battermi oggi; Marco Taradash oggi li riprende con la felice definizione, del triangolo delle Bermuda. Non si tratta di temi ideali, politici o ideologici in senso alto. Si tratta di affari, senz’altro legittimi (anche perché la minaccia oggi è, per costringere all’autocensura l’avversario, il ricorso alla magistratura), ma che, in regime di monopolio, senza contropoteri forti rischiano di creare situazioni di asfissia della libera concorrenza impedendo una presenza sul mercato di tutti gli imprenditori che legittimamente pensano di poter offrire i loro servizi.
Il Tirreno ha riportato oggi, con molta obbiettività, ciò che è successo. Era apparentemente un tifo da stadio, in realtà era la difesa rabbiosa di interessi che non sono affatto popolari, ma di casta, per i quali si mobilita il patriottismo politico di un popolo che in buona fede crede ancora ai miti solidaristici e redistributivi del socialismo.
In questa realtà, che mi ricorda il famoso film di Elia Kazan con Marlon Brando, “Il fronte del porto”, non è permesso che un anello si rompa. O tutto si tiene o tutto si perde. Il controllo delle banchine, la loro utilizzazione, il concederle o meno agli altri, comunque con lucrosissime rendite di posizione, il rapporto inestricabile fra Port Autority e Compagnia per convincere e costringere i privati a più miti consigli, si salda con il controllo delle aree edificabili, la loro destinazione d’uso, i piani regolatori, le grandi cooperative che non stanno certamente a guardare.
La crisi gravissima in cui ci siamo venuti a trovare, può rappresentare una opportunità per liberalizzare il mercato, ma anche un rischio ulteriore per rafforzare il mondo delle rendite e del monopolio. Tutto didpnederà dalla possibilità di rompere un monopolio politico che attanaglia la città di Livorno sin dalla Liberazione.
Un caso per tutti: la crisi in cui si trova la Unicoop di Lucarelli; una società di servizi, di lavoratori, debole rispetto al colosso CLP, un David nei confronti di un Golia, che lotta disperatamente per la sua sopravvivenza. La dirigenza è disposta ad accettare sacrifici, ridimensionare l’organico, mandare in pensione chi ha già maturato i diritti, integrare l’assegno di quiescenza, proporre un piano di impresa credibile e realistico.
Purtroppo però il lavoro sul porto segue altre logiche, che spesso costringono anche l’utenza a scelte non di convenienza economica ma di opportunità per così dire “politica”. Il Ministero dei trasporti e delle Infrastrutture ha dato una mano a questa copperativa. Ma il sistema Livorno si è subito ripreso il suo e non è disposto a concedere spazi ulteriori di sopravvivenza
Quando la concorrenza sparirà penso che non si sarà fatto il bene del nostro porto, ma si sarà rafforzato un monopoli, che, come avviene nella logica dei monopoli distrugge ricchezza anziché crearla.
Per concludere: cambiare si può; bisogna, abbandonando un atteggiamento ideologico, e un voto di appartenenza aprirsi al nuovo. Capisco che non è facile, che ideali, sentimenti, memorie impediscono spesso il grande salto. Ma quando la casa brucia bisogna pensare comunque a salvarsi.
E’ questo l’augurio e la speranza per le prossime elezioni amministrative

Guido Guastalla
Candidato lista Taradash

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