martedì 13 ottobre 2009

Scudo fiscale: vantaggi pratici, svantaggi teorici


L’economia è da sempre il regno del pragmatismo. Nonostante gli sforzi recenti, encomiabili e condivisi di nobilitarla attraverso l’iniezione di robuste preoccupazioni etiche un po’ a tutti i livelli, resta uno dei più potenti e flessibili strumenti di quell’arte del possibile che è la politica.
Sotto questa luce il dibattito sullo scudo fiscale introdotto dal governo è apparso da subito segnato da uno zelo propagandistico che ha contaminato entrambe le parti.
Proviamo invece a vedere con distacco e ragionevolezza i lati positivi e quelli negativi del provvedimento, dopodiché proveremo a darne un giudizio sereno.
I lati positivi sono almeno tre. Primo, il rientro di 70-90 miliardi di euro (la stima di 300 fatta da alcuni ci sembra del tutto esagerata), produrrà 3-4 miliardi di entrate fiscali dirette legate alle modalità dell’operazione, e di questi tempi non sono certo da buttar via. Secondo, il rientro concentrato di tutti questi soldi mobiliterà investimenti e allocazioni che facendo ripartire l’economia origineranno negli anni, mano a mano che gli investimenti e le allocazioni diventeranno transazioni e posti di lavoro e quindi fatturati e stipendi, un altro bel flusso di gettiti vari che ora è difficile valutare, ma che è stimabile come importante. Terzo, sempre che stavolta il governo sia attento ad impedire che il rientro si traduca in una bolla speculativa, come quella che pochi anni fa si produsse in occasione dell’altro condono e che alla fine si scaricò soprattutto sul mercato immobiliare, i capitali rientranti ridarebbero un bel fiato alla struttura creditizia del sistema economico italiano e ai suoi principali operatori, cioè le banche e assimilati, seriamente provate dalla crisi finanziaria mondiale ancora in corso. Accompagnato da un serio progetto di chiusura dei paradisi fiscali questo potrebbe essere davvero l’ultimo condono per un lungo periodo a venire. Ma chi ci crede? L’impressione è che data l’importanza del sommerso, dell’elusione e dell’evasione fiscale endemiche nel nostro sistema economico (270 miliardi all’anno secondo l’Agenzia delle Entrate), massicce fughe di capitali ci saranno sempre.
Anche i lati negativi sono almeno tre. Primo, questo condono è troppo a ridosso dell’altro fatto appena qualche anno fa. Non c’è dubbio infatti che l’uso sistematico dei condoni e assimilati tende a provocare e quindi provocherà una minore osservanza dei doveri fiscali. Questo rischia di diminuire sistematicamente il gettito tributario, già ridotto dalla crisi, e di aumentare di conseguenza il deficit pubblico annuale (schizzato quest’anno al 5,3% del Pil, 90 miliardi, quasi quanto i capitali rientranti), che andrebbe ad accrescere il già smisurato debito pubblico del paese (quasi 1800miliardi di euro). Secondo, il condono crea la sensazione generale che pagare le tasse sia da “fessi”, e fesso si sente chiunque capisca che ci sarà qualcuno che rimpatria magari 100milioni di euro con una imposizione di circa il 5%, mentre l’aliquota media che egli ha pagato e paga di solito sul suo misero stipendio di 45mila euro lordi annui sfiora il 30%. Terzo, un rientro così compatto di capitali, soprattutto nel caso dovesse canalizzarsi in pochi settori di sfogo o addirittura in uno solo rischia di avviare spirali inflazionistiche mentre ancora non si è ripristinata una dinamica positiva dei salari. Invece di accrescerla, ciò contrarrebbe la domanda aggregata e darebbe un ulteriore colpo ai consumi.
A questo punto i pro e i contro sembrerebbero bilanciarsi, ma non è proprio così.
Non si può tacere, infatti, su un fatto quantomeno rilevante: i lati positivi sembrano tutti molto “pratici” (efficacia, rilancio, nuova ricchezza), quelli negativi contengono considerazioni imperniate su importanti valori etici (giustizia fiscale, senso della cittadinanza e dello stato, senso della democrazia reale)
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Massimo Paoli

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