giovedì 4 giugno 2009

La laicità delle istituzioni

Con l’avvicinarsi delle elezioni, Raffaello Morelli,che dichiara di essere rimasto l’ultimo dei liberali, dispensatore di diplomi per chi debba essere definito appartenente a tale schiera, interviene sul testamento biologico, per mettere tutti i candidati sindaci in serio imbarazzo.
Collodi prima, in Pinocchio, e Pasolini poi, in Uccellacci e uccellini avevano descritto la figura del grillo parlante, di quel personaggio archetipo della sapienza astratta che impartisce lezioni di libertà e saggezza a tutti quanti, incapace peraltro di misurarsi con la realtà e di sporcarsi le mani nel mondo per renderlo migliore.
Naturalmente Morelli decide chi è e chi non è liberale, dopo aver ridotto la definizione di liberale all’unica dimensione che è la sua: gli consiglierei la lettura dell’Atlante dei liberali di Raimondo Cubeddu che individua oltre duemila modi di essere e definirsi liberale.
Ovviamente le tesi dei teo-con sono imbrogli e i principi a cui dicono di attenersi non tengono conto che le istituzioni sono fondate sulla libertà del cittadino e non su quanto vuole lo Stato o il sentire di una maggioranza parlamentare.
Nessuno nel centro-destra ha mai ritenuto che una legge sul testamento biologico è indispensabile: anzi è vero il contrario. E’ la vicenda di Eluana e la decisione presa dalla Magistratura ad aver costretto la maggioranza a discutere della necessità di una regolamentazione per legge del problema della vita e della morte, per evitare arbitri e legislazioni fondate su sentenze di singoli magistrati, regolamentazione di cui avrebbe volentieri fatto a meno. Morelli abbia la bontà di rileggersi le posizioni espresse, fra gli altri, dal sen. Marcello Pera e Gaetano Quagliariello.
La realtà di oggi ci obbliga a confrontarci con l’unico vero grande conflitto del nostro tempo: quello sui valori.
La tecno-scienza, più che la vera scienza ci pone di fronte alla capacità e possibilità da parte dell’uomo di decidere, ad esempio nel prossimo futuro, del corredo genetico dei figli, la neuro scienza consentirà di modificare idee, sentimenti e passioni agendo sui processi fisiochimici del cervello. Ma la scienza o i suoi surrogati non possono parlarti se non di fatti. Non possono dirti nulla su ciò che è bene o male, su ciò che puoi o devi fare, sui valori appunto: l’universo scientifico non ha categorie morali, rimane nell’ambito di ciò che è vero o falso, non di ciò che è buono o malvagio.
Chi è allora che ci dice che cosa è bene e che cosa è male? Non certamente lo Stato: in caso contrario si ricadrebbe nello Stato etico di cui il Novecento, sviluppando le tesi hegelo-marxiane dell’Ottocento, ci ha dato terribili esempi. In alcuni casi può essere la religione, in altri le ideologie politiche, in altri la civiltà in cui si è stati allevati, legata alla tradizione.
L’indebolimento di questi fattori ci porta oggi a pensare che ogni punto di vista sia valido: è la libertà, bellezza ! Si identifica la libertà con il punto di vista di ciascuno, per cui non esiste più alcun limite all’esercizio della libertà individuale. Sembrerebbe l’uovo di Colombo: la rinuncia ad una morale collocata nello Stato, riduce la morale, e quindi la condotta dell’uomo, a puro relativismo, indipendente da qualsiasi cornice morale e contesto di civiltà.
Ma accanto e prima dello Stato c’è la famiglia e la società civile; ed è proprio in questo ambito che si colloca la discussione sulla morale e la riflessione religiosa; escludendo di voler imporre agli altri le nostre convinzioni la società umana precede nel corso dei secoli nel contesto storico in cui si sviluppa, e attraverso la riflessione filosofica e religiosa, ad elaborare quei principi e quei valori attraverso cui si regola il comportamento degli uomini.
Quella di Morelli è la caricatura del liberalismo risorgimentale, nella sua deriva laicista e giacobina, e soprattutto non tiene conto del dibattito odierno e del ritorno della dimensione religiosa al centro della politica. Gli consiglierei la lettura delle più aggiornate ricerche socio-antropologiche sull’argomento, e poi continuiamo la discussione.

Guido Guastalla
Candidato lista Taradash

1 commento:

  1. E' tipico di certi personaggi che militano in certi partiti il sentirsi legittimati a pesare il liberalismo altrui.
    Non mi so spiegare il perché ma mi capita spesso di riscontrare questo atteggiamento.
    Ho letto anche io il libro di Raimondo Cubeddu.
    E al riguardo mi permetto di aggiungere un mio profano contributo.
    Condivido che si possa essere liberali in migliaia di modi e in virtù di tantissime ragioni.
    Tuttavia propongo un requisito minimo di ingresso per entrare a far parte della famiglia liberale.
    Per essere veramente liberali si deve:
    a)Non avere la presunzione di essere l'unico liberale sulla terra.
    b)Astersi dal pesare il liberalismo altrui.
    In questo modo si costringerebbero molti impostori a cercarsi altre argomentazioni per legittimarsi politicamente.

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