lunedì 6 aprile 2009

Livorno non è un isola felice


Appare strano che un filosofo, Iacono, e un sociologo, Salvini, si accorgano solo oggi che Livorno non è più un’isola (felice), ma un luogo dove è avvenuta una mutazione antropologica che ha lasciato per strada quei legami che ci fanno comunità.
Il problema è, cari professori, che questo immaginario paradiso terrestre, che l’ideologia progressista (non chiamiamola più marxista) ha proiettato su Livorno, la Toscana e le altre città e regioni governate dal PCI e dalla sinistra non è mai esistito. E tanto meno è accettabile l’ipotesi di Zucchelli per cui si potrebbe ipotizzare “un ristrettissimo club filo-destra che ha attaccato il cuore del Potere rosso diventando potente dopo il commissariamento dell’Autority (deciso dal ministro Lunari e sponsorizzato dal ministro Matteoli)”.
Questa visione nasce dalla pretesa “superiorità” e “diversità”morale di berlingueriana memoria, per cui i comunisti sono intrinsecamente portatori di una morale dell’onestà, della rettitudine, del buon governo, mentre gli esseri umani appartenenti ad altri schieramenti sono antropologicamente inferiori, peccatori e dediti al male affare. Ma dove è finito il realismo di Marx? Al confronto sono più realiste le religioni che, come l’ebraismo e il cristianesimo, predicano il bene sapendo però che gli uomini sono peccatori, dediti al male ,degni di punizione e di essere ricondotti continuamente verso il bene.
Che questa visione ideologica, astratta e incapace di cogliere la realtà dell’uomo, abbia prodotto disastri inimmaginabili nel corso del secolo breve e che continui a produrne ove è ancora al potere non turba i sogni e i sonni dei nostri professori e di tanti altri.
I liberali, al contrario, sanno che l’uomo è un legno storto (Kant), per cui, se non è sottoposto a controlli, con l’ avvicendamento nelle classi dirigenti attraverso i meccanismi del ricambio politico e il voto delle società democratico-liberali, è inevitabile che si verifichino episodi e deviazioni permanenti di corruzione e di mal governo.
Livorno non fa eccezione. Qualcuno ricorderà gli intrecci incestuosi fra maggioranza locale e potere nazionale già agli inizi degli anni Sessanta. Senza far nomi, quali rapporti ci fossero fra partiti e potentati economici soprattutto nel settore edilizio: ma come si pensa che venissero pagati gli stipendi di decine di funzionari di partito? Con le Feste dell’Unità e le salamelle e le patatine fritte? Cerchiamo di essere seri. Di quel periodo (fra il 1961 e il 1969) ho dei ricordi ancora freschissimi nella memoria che sfido qualcuno a contestare. Eppure erano i tempi di grandi e onesti(a livello personale) amministratori come Badaloni, Raugi, Giachini e Nannipieri.
Ma per venire ai giorni nostri: da chi era stato nominato e per quale motivo Lenzi alla Porto Livorno 2000? Certamente non da un uomo del centro-destra, ma sicurameente in buona fede, dall’allora presidente della Port Autority. Naturalmente fu una decisione di Lenzi di rimanere presidente della prima e commissario della seconda, per cui si trovò nella condizione di controllato e controllore. Ma se è potuto accadere quello che è accaduto le responsabilità (culpa in vigilando) sarà di coloro che questo ruolo, fra l’altro ben remunerato, avevano, così come la colpa degli eventuali colpevoli (i reati penali sono sempre personali) e non certamente dei politici tirati in ballo senza motivo, oppure per motivi ben comprensibili di speculazione politica.
La realtà vera è che in 60 e più anni di potere assoluto e senza ricambio, a questa classe dirigente di stampo sovietico, inamovibile, è venuta come una vertigine degli abissi, e una sensazione per cui qualunque comportamento, atto o iniziativa fosse lecito e immune da sanzione penale.
Livorno oggi, come qualsiasi altra realtà, ha bisogno di cambiare, di spezzare un rapporto incestuoso fra potere locale, potere portuale, cooperative rosse. E’ solo da questa liberazione che l’economia può riacquistare quella libertà, al di fuori di monopoli nocivi, che potrà consentire di riprendere il cammino verso lo sviluppo e la creazione di ricchezza e benessere per l’intera cittadinanza.

Guido Guastalla Gruppo consiliare Amare Livorno

1 commento:

  1. Livorno non è un'isola felice.
    Ma ormai è dura cambiare.
    I politici locali hanno in mano l'elettorato e con la solita logica di voti in cambio di pane rendono diventano sempre più i signori del territorio.
    Faccio anche un'altra considerazione ma la metto sul post di Taradash.

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